La Stampa, menzogna sui disabili contro il governo
«Matteo ha 19 anni, dalla nascita è affetto da una tetriparesi spastica, gli vengono riconosciuti 1.200 euro di pensione. Ai quali si aggiungono 500 euro di reddito di cittadinanza, che mamma Maria non vedrà più, perché ora il cumulo tra i due assegni è vietato». Su La Stampa una storia (triste) è stata usata per accendere un faro sinistro sulla sospensione dell’Rdc. Ma la storia di mamma Maria e di Matteo va spiegata bene senza fermarsi alle facili apparenze.
A parlare sono i numeri, ma anche il testo di conversione in legge apparso in Gazzetta Ufficiale lo scorso 3 luglio. Un decreto che spiega per bene quali sono i requisiti per accedere al Reddito di Inclusione, il nuovo sussidio previsto dall’esecutivo. Partiamo dall’Isee, il cancello d’ingresso sia per l’Rdc che per il reddito di inclusione. Dato per assodato che i parametri reddituali di mamma Maria e del suo nucleo familiare hanno le carte in regola per l’Rdc, non si capisce il motivo per cui non debba accadere la stessa cosa per il nuovo sussidio. Infatti la quota Isee richiesta è rimasta invariata come recita lo stesso testo di legge: per ottenere l’assegno è necessario «un valore dell’indicatore di situazione economica equivalente, di seguito Isee, in corso di validità, non superiore a euro 9.360». Esattamente come per il reddito grillino. Ma c’è di più.
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La signora Maria teme che le venga tolto immediatamente l’assegno da 500 euro dell’Rdc. Le cose non stanno così. Infatti il sussidio voluto da Conte, per le persone con disabilità verrà erogato fino al 31 dicembre, poi arriverà il reddito di inclusione. Mamma Maria infatti ha espresso la sua “prematura” preoccupazione: «Viviamo questo incubo che da un momento all’altro quei 500 euro non ci siano più». Non andrà così. Inoltre va ricordato che il testo varato dall’esecutivo tutela le situazioni più critiche. Infatti è stata cambiata la scala di equivalenze su cui viene calcolato il requisito reddituale. In sostanza viene assegnato un punteggio a ciascun componente familiare che permette di far lievitare la quota di reddito per accedere al nuovo sussidio.
Per intenderci: questo parametro aumenta il valore dell’assegno erogato in base al numero dei componenti familiari ma anche in base alla criticità della situazione. E di certo la signora Maria, invalida al 75%, e il figlio Matteo al 100% rientrano in questa fascia di tutela. Anche sull’orizzonte temporale c’è da star tranquilli. La legge parla chiaro: «Il beneficio economico è erogato mensilmente per un periodo continuativo non superiore a 18 mesi e può essere rinnovato, previa sospensione di un mese, per periodi ulteriori di 12 mesi». E dopo la sospensione di 30 giorni, in casi estremi, come quello della signora Maria, il sussidio può essere ancora rinnovato.
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Per quanto riguarda le cifre per disabili gravi l’importo mensile è di 630 euro (7.560 l’anno). E ciò non va ad impattare sulla pensione che viene già erogata a Matteo. Insomma, prima di gridare allo scandalo è bene controllare il testo del decreto e le circolari che attendono i Caf per dare seguito alle nuove disposizioni, che per i non occupabili entreranno in vigore dopo il 31 dicembre 2023. Va anche sottolineato, per tranquillizzare Maria, che nelle norme che regolano il Rei c’è un passaggio fondamentale: «Dal reddito familiare sono detratti i trattamenti assistenziali inclusi nell’Isee». E la pensione di invalidità percepita da Matteo rientra proprio per definizione in questo tipo di trattamenti che dunque restano fuori dal calcolo dei parametri di accesso al reddito di inclusione. Lo Stato, come sempre, tutelerà chi deve fare i conti con situazioni difficili. E a confortare la signora Maria sono anche gli avvocati Celeste Collovati e Massimo Leonardi dello studio Dirittissimo, in prima linea sui temi previdenziali: «L’erogazione dei due assegni segue due strade separate che non si incontrano. La normativa a riguardo è chiara, una prestazione non esclude l’altra. Non c’è un vincolo sulla cumulabilità per quanto riguarda gli assegni assistenziali».