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Miss Italia trans? Annalisa Chirico: perché è una cosa da non fare

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Annalisa Chirico
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Quel che sfugge ai fautori dell’equazione trans uguale donna è che un uomo, al termine di un percorso di transizione, non diventa per questo una donna. Se domani decido di trasformarmi in un uomo, perché così “mi autopercepisco”, non sarò mai un uomo come chi è nato uomo ma resterò una donna trasformatasi nel sesso opposto. I sessi sono due: si nasce maschio o femmina.

E il sesso biologico, per quanto confliggente con quello percepito, non si può annullare con un tratto di penna perché è inscritto nel nostro dna. Fa bene Patrizia Mirigliani a difendere il regolamento di Miss Italia che, dovendo eleggere una “Miss” (non un “Mister”), è riservato alle donne-nate-donne. Del resto, se si deve celebrare la bellezza femminile le protagoniste non possono che essere le donne portatrici di una dote naturale – l’armonia dei lineamenti, la grazia delle forme –, non i risultati, per quanto strabilianti, di chirurgia plastica e bombardamenti ormonali. Per i trans si istituiscano piuttosto delle gare di bellezza ad hoc, perché no.

 

 

 

Giù le mani invece da Miss Italia che è un inno alla bellezza, non alla scienza. Miss Italia premia il dato della natura, non della tecnica. Vogliamo sapere chi è la più bella, non chi si è affidato ai medici più bravi e ha reagito meglio a terapie ormonali e interventi chirurgici. Così son bravi tutti, mi verrebbe da dire. Non è un caso che in ottantaquattro anni di concorso mai si sia posto il tema di far gareggiare uomini – pardon, ex uomini – in un concorso riservato alle donne. E il fatto che Miss Olanda, quest’anno, abbia incoronato un trans, non comporta un obbligo di emulazione: all’estero accadono molteplici cose quantomeno opinabili.

L’identità di un concorso che ha segnato la storia del costume italiano non può trasformarsi in una palese e intollerabile discriminazione contro le donne. Nell’epoca dell’indistinto sessuale, questa nuova religione che annulla la differenza di genere, a pagare il conto più caro sono proprio le donne-nate-donne: dalla maternità, prerogativa esclusiva delle donne, alle competizioni sportive, con paradossi inusitati. Come si può non restare spaesati dinanzi all’esibizione di “atlete” – ex uomini – che con la forza e la stazza di un uomo competono nella categoria femminile?

 

 

 

Esistono fior di studi che confermano i vantaggi fisici a favore degli atleti trans rispetto alle donne biologiche, in particolare nelle specialità che implicano il contatto (basket), la collisione (rugby) o il combattimento (boxe, arti marziali). E che dire delle storie drammatiche di stupri e violenze sessuali nelle prigioni che prevedono la convivenza nei medesimi spazi di trans e donne biologiche.

La dittatura del politicamente corretto rimuove questi argomenti scomodi perché veri; chi tenta di sollevare un dubbio viene prontamente tacciato di “transfobia”, quando invece le vere discriminate sono le donne-nate-donne. Il fatto che la scienza consenta il ping-pong tra sesso biologico e sesso percepito non ci autorizza a portare il cervello all’ammasso: chiunque si trasformi in ciò che vuole ma Miss Italia non si tocca. 

 

 

 

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