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Roberto Saviano, Sallusti: quelli che in Rai possono insultare

Alessandro Sallusti
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Noi siamo contrari alla censura, pratica odiosa e per di più spuntata in democrazia, luogo nel quale tutte le idee, anche le più sconvenienti, hanno diritto di circolare liberamente. Ma proprio per questo siamo contrari a qualsiasi censura perché se la sanzione viene applicata a corrente alternata e guarda caso sempre a favore di una parte e a sfavore dell’altra, be’ allora non è più censura ma diventa arma politica, un’arma impropria.

Come noto, il mio amico e collega Filippo Facci è stato fatto fuori dalla Rai – dove avrebbe dovuto iniziare una prestigiosa rubrica quotidiana prima del Tg2 - per aver scritto in un articolo su Libero una frase inopportuna raccontando correttamente della vicenda che ha coinvolto il giovane figlio del presidente del Senato Ignazio La Russa in una presunta molestia sessuale. Bene, ciò significa che chi dice o scrive cose sconvenienti o scomposte su qualsiasi tema non può apparire sulla tv di Stato perché la sua presenza diventa incompatibile con il codice etico di quell’azienda. Sarebbe un principio discutibile ma se così fosse ci tocca adeguarci.

 

Ma così non è, perché ad esempio non risulta che la Rai abbia cancellato per la prossima stagione il programma che sarà affidato a Roberto Saviano il quale non soltanto in passato diede della “bastarda” al presidente del consiglio Giorgia Meloni – cosa per la quale c’è in piedi un processo per diffamazione – ma che ieri ha rincarato la dose contro il ministro Matteo Salvini e l’intera maggioranza. In un tweet, Saviano scrive infatti: “Che faccia tosta questo ministro della Mala Vita protetto dai suoi sodali in parlamento... le bande parlamentari che lo difendono sono la forza delle sue menzogne...”.

Fateci capire: o il codice deontologico della Rai ritiene corretto dare della bastarda al primo ministro, malavitoso a un importante ministro e definire “bande” i partiti di governo, cioè i suoi azionisti pro tempore, oppure significa che qualcuno, ma solo qualcuno, nel paese e nella televisione di Stato ha libertà di insulto e di politicamente scorretto in nome di una non specificata superiorità morale e culturale, una sorta di licenza poetica che vale per Saviano ma non per Facci. Ma ancora di più: che vale per quelli di sinistra e non per chi la pensa diversamente.

 

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