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Filippo Facci, tutte le invenzioni di Pd e tromboni contro la firma di Libero

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Alessandro Gonzato
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Ogni estate ha la sua moda, dieci anni fa era quella di rovesciarsi in testa un secchio d’acqua gelata, l’Ice Bucket Challenge, ma finora la più idiota, forse, è stata l’High Five Selfie, il lancio in aria dello smartphone per farsi un selfie volante (col timer preimpostato) mentre si battevano le mani, per la gioia di Apple, Samsung e altri colossi della tecnologia che hanno aumentato le vendite. La moda del momento è il tiro a Filippo Facci, il collega che dopo aver scritto su Libero del figlio di La Russa e della presunta vittima di stupro è stato impallinato dalla furia cieca della sinistra (a premere il grilletto per primo è stato il dem Sandro Ruotolo) disposta a tutto pur di impedirgli di condurre il programma su Rai2 a settembre prima del Tg2 delle 13. L’obiettivo primario è colpire il governo.

E allora avanti: «Facci è sessista», «Facci è omofobo», «Facci è razzista», «Facci è stato sospeso dall’Ordine dei Giornalisti perché ha insultato l’Islam». Sarebbe bastato leggere i documenti per rendersi conto che non c’è stata alcuna “sospensione” dato che il provvedimento, preso dal Consiglio di disciplina il 13 giugno 2017, il 13 giugno 2018 è stato derubricato a semplice “censura”, ossia il nulla, in sostanza, nel nostro ordinamento. «Facci», si legge nella delibera dell’Ordine, «è colpevole di aver esagerato nel linguaggio, ma l’obiettivo dell’invettiva non è il razzismo, ma è l’espressione di un punto di vista che può essere condivisibile o no ma che deve poter essere espresso». Normale libertà d’espressione, l’articolo 21 della Costituzione sbandierato ad libitum da Pd e affini. Il titolo dell’articolo pubblicato su Libero era “Perché l’Islam mi sta sul gozzo”, era periodo di attentati, stragi, fanatici di Maometto.
 

L’EX CAPO DI SOUMAHORO
«Facci ha attaccato i gay», tuonava ieri su Repubblica, a pagina 2- vetrina che neanche ai tempi dello scandalo del suo ex pupillo Aboubakar Soumahoro- l’Angelo Bonelli leader dei Verdi. Peccato che proprio Facci si sia scagliato contro chi, su un quotidiano d’area centrodestra, ha definito l’omosessualità «una condizione patologica». Bastava una semplice ricerca su Google, ma è noto che anche scartabellare sul web favorisce il buco dell’ozono, ogni ricerca su internet- denunciano gli ambientalisti compagni di Bonelli- è responsabile dell’emissione nell’atmosfera di 1,7 grammi di Co2, «la metà di quelli generati dalla preparazione di una tazza di tè». «Facci è sessista»: ma qualcuno ha letto gli articoli durissimi contro Alberto Genovese, l’imprenditore condannato per lo stupro di due modelle stordite con la droga? Le opposizioni e associazioni finto-femministe imputano a Facci di avere scritto «è vero che uno stupro è uno stupro, ma è anche vero che chi va al mulino s’infarina». “Infarinarsi”, sniffare cocaina. Non un riferimento diretto alle vittime di Genovese, ma allo stile dei suoi festini e di una certa Milano, aveva aggiunto.

L’avvocato penalista di Facci è lo stesso che nella prima fase ha difeso una delle ragazze. Facci, e questo non poteva saperlo nessuno, è stato contattato da una nota casa produttrice per fare il consulente di un docufilm proprio sulle violenze di Genovese. Hanno scelto un sessista? Che luglio incasinato quello di Facci, già alle prese con un trasloco, anche se trasloca a poche centinaia di metri. Una certa narrazione lo dà «pentito» di quanto scritto sul caso La Russa, per ingigantirne la portata ovviamente, ma lui lo è solo «dal punto di vista stilistico», ha detto ieri pomeriggio al sito del Corriere: «Uno sbaglio stilistico, non di concetto». Repubblica racconta con dovizia di particolari la lite tra Facci e l’allora compagna, che di fatto non lo era già più, fuori dalla scuola media del figlio maggiore, a marzo: lui scalcia il motorino di lei (era stato operato da poco alla gamba) e le abbassa la visiera del casco, lei gli dà uno schiaffo. Fino a qui è cronaca, già riferita dagli avvocati di Facci al nostro giornale. Poi però Repubblica aggiunge: «Al che l’avvocatessa reagiva con uno schiaffo», dicevamo, «prima che i presenti li dividessero e intimassero al giornalista di chiedere scusa. Invano». Dettaglio quello della richiesta delle scuse, che non risulta in questi termini. Così come nessun quotidiano (almeno non quelli legati al centrosinistra) ha riportato il fatto che è stato Facci il primo a denunciarlo, il giorno stesso, e la denuncia dell’avvocatessa è abbondantemente successiva. «Facci se n’è andato prima dell’arrivo della polizia», hanno riportato gli stessi giornali. Lui nella querela ha dichiarato: «Preciso che aspettavo che sopraggiungesse una volante, ma data l’ora e la mia impossibilità di attendere perché avevo mia figlia a casa lasciavo il luogo». La figlia ha 5 anni. Nessuno fa di Facci un santo, ma sono in pochi tra gli accusatori ad avere letto o riportato alcune informazioni prima di sparare. Ridateci l’High Five Selfie, il lancio in aria del telefono.

 

 

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