Cerca
Cerca
+

Sandro Ruotolo, il cane da guardia di Elly Schlein

Alessandro Gonzato
  • a
  • a
  • a

I baffi di Salvador Dalì volgevano sempre verso il cielo come le torri della cattedrale di Burgos. Quelli di Sandro Ruotolo, folti e canuti, da mesi protendono a Elly. «Con Schlein il Pd è finalmente libero», «Paolo Mieli sbaglia, Schlein non è assente», «Bene Schlein sul salario minimo», «Elly parla solo se ha qualcosa da dire», e questa è una notizia. Schlein ad aprile ha nominato il comunista Ruotolo responsabile cultura e informazione nella segreteria del Pd, e da allora l’ex giornalista Rai il cui mantra è che i giornali devono essere il cane da guardia della democrazia ha iniziato a scodinzolare a ogni afflato del capo, che si tratti di Lgbt o Pnrr. Ringhia ferocemente, invece, a chi attacca la Schlein. D’altronde è il suo lavoro.

 


L’ATTACCO
Ora il napoletano Ruotolo senatore di sinistra dal 2020 al 2022 s’è messo a capo dei compagni che vogliono la testa del collega Filippo Facci perché su Libero ha commentato il caso del figlio di Ignazio La Russa, la presunta violenza sessuale: «Conviene alla Rai, al servizio pubblico, affidare un programma a Facci che si esprime così sul giornale? “Una ragazza di 22 anni era indubbiamente fatta di cocaina prima di essere fatta anche da Leonardo Apache La Russa”. Può la tivù pubblica essere affidata a chi fa vittimizzazione secondaria?». Ruotolo nel 2012 pubblicò nome, cognome, indirizzo, anche la foto del palazzo doveva viveva il presunto attentatore della scuola “Morvillo Falcone” di Brindisi una bomba davanti all’istituto ma l’attentatore era appunto presunto, e subito dopo s’è scoperto che non c’entrava niente. Ruotolo aveva fornito anche informazioni sul fratello del “mostro”. S’era buttato sulla notizia leccandosi i baffoni ma era una bufala. E poi? Niente. Poi se l’era cavata scusandosi «per aver ferito la sensibilità».

 


Aveva aggiunto: «Accolgo i vostri rilievi ma tutti sapevano. La mia intenzione era di raccontare i fatti». Massì. Gli spernacchiamenti sui social, oltre a un profluvio di insulti - sbagliati l’avevano convinto ad abbandonare Twitter per un po’. La Rai invece l’aveva lasciata pochi mesi prima. Non aveva abbandonato l’Ordine dei giornalisti, ovviamente. In Rai però lavorava eccome nell’autunno del 2000 quando era uno dei cronisti di punta della trasmissione Sciuscià condotta da Michele Santoro. Sciuscià dipinse Verona come un covo di nazisti perché un professore di religione ebreo, Luis Ignacio Marsiglia, denunciò di aver subito un’aggressione al grido di «Viva Haider». Ne seguirono servizi a raffica, ricostruzioni e retroscena, non c’era dubbio che il professore uruguagio fosse stato pestato da un branco di antisemiti. E quindi giù di servizi sulla marcia degli studenti anti-fascisti e analisi sociologiche. Peccato che il professore un paio di settimane dopo confessò di essersi inventato una balla e che i segni che aveva sul collo non erano per le botte ma semplicemente delle voglie. E allora, citiamo l’ex cronista oggi al servizio della segretaria del Partito democratico, conveniva alla Rai, al servizio pubblico, far lavorare ancora Sandro Ruotolo (all’inchiesta, si fa per dire, avevano contribuito anche altri colleghi) che si era espresso così in televisione? Quella volta da parte sua e della trasmissione nessuna scusa «per aver ferito la sensibilità». Dalla Rai ovviamente nessun provvedimento: Ruotolo, assieme agli altri, aveva solo preso un’altra cantonata.


CAMICIE NERE
Ma Ruotolo sul “caso Facci” torna all’attacco: «E che dice il comitato etico della Rai? Il servizio pubblico può consentire una lettura del genere sulle donne? Pensateci bene dirigenti di viale Mazzini», esorta. «Il servizio pubblico è di tutti ma non può esserlo dei sessisti, dei razzisti, del pensiero fascista». Come quelli di Verona, insomma. Prima di entrare in parlamento nel 2020 (c’è rimasto due anni), subentrato dopo la morte di Franco Ortolani dei 5Stelle, Ruotolo aveva provato 4 quattro volte a fare politica: nell’80, candidato consigliere regionale in Campania per il Partito di Unità Proletaria per il Comunismo, 305 voti; la seconda per la Camera, nel 2013 con la Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia, e altro flop. Idem nello stesso anno quando voleva fare il governatore del Lazio, 2,2% il risultato finale; poi ancora per la Camera, nel 2022, superato dal candidato di centrodestra e pure dei grillini. Ma è il passato. La nuova vita Ruotolo è tutta per Elly: «Penso all’estate militante, ai sette appunti dell’agenda Italia. Finalmente ci occupiamo dei problemi del Paese. Dobbiamo sporcarci le mani, stare sui territori. Al popolo delle primarie chiedo di darci una mano a costruire l’opposizione al governo di destra»; «Cara Elly, il popolo delle primarie vuole vederti continuare a portare avanti le nostre battaglie: lavoro, sanità pubblica, transizione ecologica, mezzogiorno. Abbiamo una sinistra da cambiare, dobbiamo lavorare insieme agli altri per battere questo governo di destra-destra. Forza Elly!». 

Dai blog