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Sciascia, un femminista a sua insaputa

Leonardo Sciascia vista da Tullio Pericoli ne "I ritratti" (Adelphi)

Maschilista solo all'apparenza, in realtà devoto al matriarcato e grato alle femmine della sua vita Sgarbi, Alberti, Cordaro, Leosini e le altre: donne illustri raccontano i loro incontri con lo scrittore Cavaliere

Francesco Specchia
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Aveva la vaghezza letteraria di un personaggio di Borges: lo sguardo di sguincio verso un abisso immaginario, il fumo della nazionale senza filtro che ne avvolgeva i silenzi. Era Leonardo Sciascia.
«Ricordo profondi silenzi: io affondavo nella timidezza e ascoltavo ogni sospiro di Sciascia. Ero giovane, esitante e terribilmente seria e scrupolosa. Con molta paura di sbagliare. Ricordo il suo silenzio pienissimo, le sue sospensioni, gli occhi neri e sempre una smorfia di amarezza. Sembrava sempre immerso nei suoi pensieri, ma in realtà era molto attento, di una attenzione, mi lasci dire, tutta siciliana. Io ascoltavo tutto e cercavo di non perdere nessuna parola di Sciascia», così Elisabetta Sgarbi, da giovane editor della Bompiani descrive il suo incontro con l’autore del Giorno della civetta, non dopo averne saggiato la sua passione per lo studio della mafia e della cioccolata. E quello dell’editrice de La Nave di Teseo –nonché compagna di esperimenti narrativi- è soltanto uno dei ricordi che imperlano le pagine di Leonardo Sciascia negli occhi delle donne. Tessere di un mosaico al femminile (Vallecchi, pp 256, euro 17) il bel saggio in cui Rossana Cavaliere evoca la figura dello scrittore di Racalmuto attraverso i suoi incontri con donne straordinarie.

LA CASA SCURA Tra di esse spicca Dacia Maraini che con lui s’infiammò di fiamme suffragiste, dato che Sciascia nel ’74 giudicò il «lavoro fuori casa delle donne negativo nel senso conservativo della famiglia»; e però, se una donna «è più libera, la combatti ad armi pari, è un avversario che hai di fronte e non alle spalle...».
Poi si fa largo Bianca Cordaro, giornalista Rai che riusciva a dare notizie atroci con raro aplomb, e stabilì con lui un rapporto di fiducia tale da farlo testimone di nozze. Interessante la sua frequentazione sciasciana con un occhio al dettaglio degli ambienti e al mobilio, non tanto nella casa di pietra di Racalmuto, ma nella di lui residenza di Caltanissetta: «La prima volta lo incontrai dove d’inverno viveva in una casa scura, impersonale, arredata con malinconici mobili di famiglia.
Modesta, se le pareti non fossero state tappezzate di quadri bellissimi: un nudo di donna, pastoso, allusivo, disegnato da Guttuso; due deliziose figurine di Emilio Greco – rapidi tratti a inchiostro di china da cui sbocciava la testa di un bimbo – e un delicato profilo femminile. Poi ancora un Helleu, il pittore che aveva illustrato numerose edizioni dei libri di Proust». Arte per arte, Sciascia era già quello dei «professionisti dell’antimafia», della difesa eroica di Enzo Tortora, dei germi libertari che lo spinsero dal Pci a Pannella.
Ed ecco, tra i dialoghi che intarsiano il libro, emergere quello con una giovane cronista dell’Espresso, Franca Leosini, futura “signora omicidi” delle notti Rai e autrice dell’intervista intitolata Le zie di Sicilia, in cui lo scrittore diffidava «di un matriarcato in Sicilia responsabile di un’educazione ai (dis)valori di matrice mafiosa».

MONTA LA PROTESTA E, da lì, ecco il montare della protesta da parte d’un femminismo di cui, secondo Sciascia «non c’era bisogno». Anche se poi, di quel femminismo, c’era bisogno, e Sciascia lo sapeva evocando il ruolo della donna al comando. C’era bisogno, per Sciascia, di femmine folli, forti e sciascianamente risolute. E in questa colettanea non smettono di sottolinearlo sia Silvana La Spina unica donna frequentante il suo cenacolo siciliano; sia Barbara Alberti con la quale Sciascia sviluppò «un carteggio prezioso per allontanare il velo dell’oblio»; sia l’accademica Domenica Perrone che con lui scambiò respiri letterari.
Puntuale anche il cotè politico di questi incontri, nel contributo di Rita Cirio, sul «caso Moro: condividevo pienamente il suo giudizio in merito sia all’autenticità delle lettere del leader democristiano». Sicchè emerge la vera verità d’uno Sciascia solo all’apparenza figlio del suo tempo maschilista. Sciascia divenne Sciascia grazie alla sue donne: la zia maestra; la madre che dalla sua stanzialità gli forniva un punto di vista inedito sul mondo; Elvira Sellerio che gli comunicò la passione per la scrittura. E le sue stesse figlie, guardiane della parola come Calvino, e custodi del suo mito sottotraccia... 

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