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Saint Exupery, se Corto Maltese diventa il figlio del Piccolo Principe

 Saint-Exupery visto da Hugo Pratt

In «Trilogia del cielo» Hugo Pratt racconta l'ultimo volo dell'autore francese Tra nuvole, sogni e morte, emerge l'analogia tra i loro due eroi immaginari

Francesco Specchia
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«Non era possibile che Pratt non incontrasse Saint-Exupéry. Primo punto in comune: è incerto se Saint-Exupéry volasse per scrivere o scrivesse per volare. E di Pratt direi che è incerto se ha viaggiato (e di persona, e su portolani) per raccontare le sue storie per avere un pretesto per viaggiare (magari anche solo su portolani)».
Così, un postumo Umberto Eco, nella prefazione di Trilogia del cielo (di Hugo Pratt, Rizzoli Lizard, pp 256, euro 22,50) certifica la parentela tra Pratt, lo Steinbeck del cartoon nonché creatore di Corto Maltese; e Antoine de Saint-Exupéry aviatore e scrittore in acrobazia tra i nembi e l’umanità «invisibile agli occhi» del suo Piccolo Principe.
Anzi, per essere più precisi, direi che Corto Maltese è il figlio illegittimo del Piccolo Principe e delle sue volpi, e delle sue rose camune ben radicate tra le nuvole. Corto è l’erede naturale delle atmosfere rarefatte dell’eroe bambino, ne ha lo stigma dell’avventura, vede il mondo dalla sua stessa visuale.

SGUARDO AL TRAMONTO E lo si nota proprio in una tavola del racconto disegnato Saint-Exupéry -L’ultimo volo di questa Trilogia (gli altri capitoli sono In un cielo lontano e Morgan, belli ma meno imponenti). Lo si nota in questa tavola, a pagina 5, dove Antoine s’impenna e cabra nel cielo a bordo di un P38 Lightning francese. Il giorno è il 31 luglio del ’44, l’orale 11.54 e Antoine il trasvolatore non risponde ai messaggi radio lanciati dalla base 31 Bastia Borgo. Le interferenze sono troppe e neanche la base di Mendoze né Radio Pacheco Argentina ottengono un segnale, ossia la prova che lo scrittore sia vivo, sia vegeto e non stia rischiando la vita. Invece la vita la sta rischiando davvero. Due FW190 della Luftwaffe gli s’incollano alle terga, lo talloneranno con furia fino ad abbatterlo. Ed è qui, proprio immaginando gli ultimi momenti dell’ultimo volo, che Pratt fa incontrare Saint-Exupéry col suo Piccolo Principe seduto tra le nuvole dispettose. Il ragazzino biondo ferma il suo autore e gli chiede: «Ehi Antoine... sei qui per vedere il tramonto?». E Antoine: «Ma cosa fai ancora qui?». E le Petit Prince: «Per piacere, disegnami una pecora», «te l’ho disegnata l’altra volta», «l’altra se n’è andata con una stella...». Il dialogo è surreale. E accende flashback esagitati, schegge di ricordi che scorrono nelle pagine attraversate dalla ligne claire di Pratt, a volte confusa tra strepitosi ritratti in acquerello. Antoine ha la morte alle costole e il passato lo prende a ceffoni. O lo culla con zaffate di immagini color seppia.
L’aviatore si ritrova catapultato, in smoking, a una festa in Argentina nel 1930, quattordici anni prima («Ricordo una festa a Buenos Aires a ballare con Consuelo Suncìn-Sandoval»; e lì Antoine, dopo averla avvinghiata in un tango formidabile, minaccia di buttarsi con lei nel Rio de la Palta se non lo bacia...). Poi si ritrova in un deserto; e poi sulle ande cilene; poi nel letto d’un ospedale guatemalteco curato da un’infermiera che gli impedì l’amputazione della mano destra; e sui cumulonembi d’Argentina dove incrocia la «polizia del cielo» in fez; e là entra in una mostra Dada e finisce per infilarsi in una cabina telefonica per chiamare le sue donne e il suo amico Andrè Gide.
Mentre vola, “Saint-Ex” - come lo chiama Pratt - percorre cocciutamente il suo viaggio di fantasia; e lo fa sugli stessi passi onirici di Corto Maltese, appunto. Il suo aereo muta forma sul mutare del flusso dei pensieri: da aeropostale diventa biplano da guerra, da biplano triplano Fokker nello stile del Barone Rosso di Côtes de nuit-Rose di Piccardia, indimenticata avventura proprio di Corto. E, anche da quel finestrino, a guardare in basso, Saint Ex osserva cambiare vorticosamente i paesaggi. C’è il Mar Mediterraneo con un richiamo «a Madrid con quel rompiballe di Hemingway»; c’è la New York sempre agognata; ci sono le trincee iberiche nei cui anfratti Saint-Ex «su suggerimento del collega francese Andrè Malraux» si gettava per impastare i suoi reportage di guerra. E lì, infatti, da inviato del giornale L’Intransigeant, descriverà l’epopea di “Augustin il cubano”, soldato, ex giocatore di baseball che lanciava le bombe a mano nel campo avversario per eliminare i “battitori” marocchini.

COME UN LANCIATORE L’acquarello di Hugo Pratt su Saint-Exupéry Il delirio/deliquio di Saint-Ex è interrotto dal suono delle mitragliatrici degli inseguitori. E finisce con l’aviatore che incontra sé stesso da giovane; e non si capacita di quelle allucinanzioni, e non riesce a trovare il modo spezzare quell’incubo. Il botta -e- risposta tra i due Saint-Ex è poesia estrema: «Saint-Ex non andare nella direzione dei ricordi, è come visitare un cimitero», ammonisce il primo, «Oh, a me piacciono i cimiteri...I loro cipressi. La quiete profumata di timo. Le lucertole sul muro di cinta, sotto il sole d’estate». Finisce con l’areo che si sgrana all’orizzonte e il cielo cosparso di nuvole a forma di pecore del Piccolo Principe. Pratt, nel gennaio 1995 in un’intervista alla tv Svizzera Italiana dischiarò: «Ci sono dei momenti nella vita di un uomo che trovano momenti paralleli nella vita di un altro uomo». Parlava di Corto, del Petit Prince, di se stesso e di Antoine, il più romantico dei padri putativi...

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