Scacco matto all’imprenditore in tre mosse e un paio di killer. Come azzerare quarant’anni di lavoro, lasciare a casa senza stipendio centinaia di famiglie e rinunciare agli introiti fiscali di una realtà aziendale che da zero ha raggiunto un fatturato di circa 95 milioni di euro l’anno. La storia di Roberto Manzoni, coriaceo, coraggioso ed esasperato canturino che si è fatto da solo, come da tradizione in Brianza, è un perfetto esempio di come lo Stato italiano sia specializzato nel segare i tronchi della foresta di cittadini onesti e operosi che lo sorreggono con il proprio lavoro.
Caos bancario e incapacità del sistema di gestire la crisi finanziaria del 2008 evitando che diventasse industriale. Decisioni governative volevano tappare i buchi delle casse pubbliche ma hanno sortito l’effetto di abbassare il Pil. Leggi contraddittorie e mutevoli che trasformano il fare impresa in uno slalom per la sopravvivenza. Servitori della cosa pubblica che servono soprattutto se stessi, apparecchiandosi e poi divorando un piatto cucinato dalla fatica e dall’abilità di altri.
Nell’epopea della Eleca, la società di impiantistica fondata da Manzoni nel 1979 con dieci milioni di lire chiesti in prestito alle banche e fatta fallire dal Tribunale di Como, chiamato a salvarla, nel 2013 malgrado una liquidità di cinque milioni in cassa e 42 milioni di crediti da incassare dai clienti, in gran parte Enti Pubblici, ci sono tutta l’avversione e il disprezzo che l’apparato pubblico italiano ha nei confronti di chi lo alimenta; compreso il furore cieco legalistico e la rapacità che da assassina si trasforma in suicida.
«Con le mie aziende ho sempre lavorato onestamente. Tutti gli utili che ho guadagnato anno per anno li ho sempre reinvestiti nell’azienda creando sviluppo, crescita e posti di lavoro. Io ho sempre vissuto con uno stipendio mensile che mi ha permesso di campare dignitosamente e ho sempre convogliato tutte le mie risorse all’interno delle mie società. Le banche, i governi e la sfiducia nella nostra attività ci hanno rovinato» chiosa Manzoni, che ha deciso di rendere pubblica la propria odissea perché «stanco di essere continuamente derubato, vessato e ricattato, stanco di subire ingiustizie da dodici anni dopo una vita di lavoro».
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Si chiama Laura, o Jennifer secondo le forze dell'ordine, ed è diventata famosa perché in alcuni video...LE ORIGINI - Ma raccontiamo dall’inizio questa storia italiana partita 44 anni fa da zero; anzi, da poche lire un uomo che ha il grande difetto di non riuscire a stare mai fermo, di non volersi godere i soldi guadagnati. «Negli anni» racconta il protagonista «eravamo diventati una delle realtà industriali di maggior successo del panorama brianzolo e uno dei più importanti General Contractor (società appaltatrici) in Italia, con svariate commesse dal settore pubblico, come la ricostruzione del Pirellone, il Palazzo della Regione di Milano, dopo che ci si era schiantato contro con il suo bimotore, Luigi Fasulo, uccidendo, oltre se stesso, due avvocatesse che lavoravano per la pubblica amministrazione e ferendo sessanta persone».
Perito elettrotecnico industriale, Manzoni ha iniziato a fare i soldi progettando e realizzando impianti e quadri elettrici ma in pochi anni la Eleca è diventata una società per azioni con dieci milioni di euro di capitale sociale interamente versato, con 250 dipendenti, e ha iniziato a diversificare la propria attività, allargandosi ai settori della termotecnica e dell’edilizia.
È stata una delle prime imprese in Italia, nel 1998, a ricevere la certificazione di eccellenza ISO 9001, ottenendo poi a seguire le certificazioni ISO14001 e BH OHSAS 18001, oltre a cinque categorie SOA illimitate, per la sua brillante attività multisettoriale. Tra i grandi progetti realizzati, la costruzione di impianti nell’ospedale San Raffaele di Milano, il primo lotto del Passante Ferroviario di Milano comprendente la stazione di Garibaldi, Lancetti e 10 Km di galleria, l'Ospedale di veterinaria a Lodi, la Facoltà di Agraria a Milano, il Palazzo del Ghiaccio a Courmayeur, il Velodromo di Montichiari ma soprattutto la ristrutturazione del Grattacielo Pirelli.
«Finito in meno di due anni il progetto del Pirellone, nel 2005 mi ritrovai ad avere liquidità, con altri cantieri in chiusura, poco lavoro e 250 dipendenti» ricorda Manzoni. «Potevo decidere di ridimensionarmi e godermi i soldi ma non volevo tagliare posti di lavoro, persone assunte a uno a uno, tutte da me. Così mi lanciai nel settore immobiliare. Ero fiducioso, le banche, con le quali lavoravo da decenni mi inseguivano con il denaro in mano per sostenermi». $ il 2009 l’anno maledetto, quello che segna la prima battuta d’arresto per la Eleca. Negli Stati Uniti a metà 2008 era scoppiata la crisi finanziaria e aveva investito anche molti istituti di credito europei.
Fra questi, Banca Italease e Meliorbanca, due banche che finanziano una importante operazione Immobiliare di Manzoni e che vengono commissariate quando ancora devono dare a Eleca il 70% della somma pattuita su Stato Avanzamento Lavori. «Il commissariamento dei due istituti lasciò la nostra società senza le risorse adeguate», ricostruisce l’imprenditore, «e ci venne addirittura chiesto il rientro di quanto ci era stato erogato, segnalando scorrettamente uno sconfino in C.R. di 12 milioni di euro».
Si tratta di un evento incolpevole per la Eleca, che pure vi fece fronte. Ciononostante, per le perverse regole europee del sistema bancario, esso causò il crollo del rating della nostra società.
Siccome le cattive notizie non arrivano mai da sole, a complicare la già difficile situazione finanziaria si aggiunge lo slittamento dei pagamenti della pubblica amministrazione: milioni di euro di crediti che Eleca vantava nei confronti di Province e Comuni per i quali realizzava opere strutturali.
Nel 2011 infatti, allontanato con la forza Berlusconi dal governo, a Palazzo Chigi viene insediato Mario Monti. A quel punto, il fatto che i debitori del Manzoni aderiscano al Patto di Stabilità porta a notevoli ritardi nei pagamenti delle committenze: le fatture vengono saldate in 18/24 mesi, scadenza ben diversa dai 30/60 giorni che erano previsti dalla legge Merloni, annullata di fatto dalla nuova prassi. Come se non bastasse, imperversando il clima di austerity, nel giro di poco tempo a vari Ministeri con i quali Eleca operava da sempre, vengono tolti i fondi con conseguente annullamento dei progetti-contratti sottoscritti e ulteriore inabissamento delle risorse finanziarie del Manzoni. L’uomo però non è tipo da perdersi d’animo ma quella che per decenni è stata la sua risorsa inesauribile, diventa la sua condanna inesorabile.
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Aveva un sogno, Silvio Berlusconi. Un sogno che porta dritto dritto a Costa Turchese, in Sardegna: voleva costruire un m...DIVERSIFICARE - L’imprenditore riconverte, congela l’immobiliare e cerca profitti nel mercato delle rinnovabili, che nel frattempo veniva pompato mediaticamente dalla narrazione progressista assurta al governo. «Volevamo diversificare l’attività, come avevamo sempre fatto, e lanciarci in un nuovo mercato in sviluppo. Allora avevamo un portafoglio di potenziali commesse da circa 200 milioni» scuote il capo l’imprenditore. La materia però è nuova e fa gola a tanti. Una lobby tira in un senso, un’altra in quello opposto. Morale, in tre anni il quadro legislativo muta cinque volte.
In particolare, i cambiamenti legislativi alla voce incentivi mettono in ginocchio l’ormai fragile struttura di Eleca. «Le banche nella situazione di incertezza legislativa smisero di erogare» rammenta Manzoni. «Fu un inferno, in due o tre anni il settore venne cambiato completamente fino a distruggerci».
Si arriva così al settembre 2012 e il geniale imprenditore di una volta, dopo cinque anni di lotta libera contro lo Stato, si trova costretto a prendere la decisione più difficile: chiedere il concordato preventivo per la sua azienda. Lo scopo era sempre salvarla.
La strategia era fare leva sulla quantità di liquidità ottenuta negli anni e rimasta in cassa per cercare di ripagare i creditori e portare avanti la baracca. «Invece non è andata così», racconta il patron di Eleca, «hanno distrutto tutto. Mi affidai alla mia consulente, che ha asseverato il progetto di concordato e lei mi convinse poi, insistendo e rassicurandomi più volte che sarebbe stata la migliore soluzione, ad aprire la procedura di fallimento in proprio, l’ultima cosa che mai avrei voluto fare».
ACCANIMENTO - Quella mossa però si rivela una specie di nodo scorsoio che si stringeva implacabile alla gola, e Manzoni si ritrovò solo con il cerino in mano. Infatti da questo momento in poi, racconta il titolare di Eleca, «si scatenò un ingiustificato accanimento contro di me, la mia famiglia e tutte le mie aziende, iniziato con il sequestro delle quote sociali di tutte le società, con immediata perdita di tutto il know how costruito professionalmente negli anni e dell’intero patrimonio immobiliare, stimato in circa 100 milioni di euro». Gli ultimi bilanci del gruppo, datati 2013, approvati alla presenza di un notaio ed elaborati con assoluto scrupolo e precisione dalle società di revisione per poter operare le previste fusioni per incorporazione delle varie società di scopo nella casa madre a detta del Manzoni vengono ignorate dal custode delle quote sociali, che l’imprenditore accusa di aver stravolto le decisioni degli azionisti, gonfiato gli stati passivi e portato al fallimento tutte le società facenti capo all’imprenditore, rimanendo unico dominus dell’impero che fu.
Manzoni si ritiene mal consigliato da chi è stato pagato e che avrebbe dovuto salvarlo, compresi gli uomini e le donne delle istituzioni, contro i quali però punta l’indice solo nei discorsi privati. L’anno scorso, al termine di un processo durato anni, Manzoni ha subito una pesante condanna in primo grado per bancarotta fraudolenta. Anche la moglie, pur occupandosi solamente della famiglia, è stata condannata. Complessivamente le perdite si possono stimare in circa 200 milioni di euro di capitale e circa 250 dipendenti assunti a tempo indeterminato, più altre mille famiglie, considerando l’indotto esterno. Manzoni annuncia appello, in difesa della propria onorabilità. Ma intanto, il suo castello è finito in pezzi e nessuno potrà mai ricostruirlo.