Travaglio, Dibba, Santoro? Chi esce più con le ossa rotte dal golpe
La Russia è un indovinello avvolto in un mistero che sta dentro un enigma. La definizione è di Winston Churchill, e se la pensava così un titano di tal fatta, figuratevi se qui abbiamo la presunzione di possedere quel che sta accadendo in tutte le sue sfaccettature geopolitiche, spionistiche, criminali. Enigmi che attecchiscono su enigmi. In compenso, c’è chi dalla sua cameretta ha già capito tutto. Sulle chat Telegram filoputiniane, la sentenza è stata emessa subito: manovra l’onnipresente Zio Sam. “Prigozhin” e “americani” su Twitter diventano un sintagma unico, c’è chi rimbrotta i colleghi del Tg2 così: «Non dite bufale. I social americani», quali, chi... postille irrilevanti, per i complottisti online, ndr «dicono che la Nato ha avuto contatti col mercenario Prigozhin». Pare l’abbia confermato anche un cugino di terzo grado che fa le pulizie al piano sotto quello della segretaria di Stoltenberg.
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CHI SAPEVA TUTTO
Fin qui il folklore, poi c’è l’humus (pseudo)culturale che ha nutrito il folklore per un anno e mezzo, ci sono quelli che avevano compreso tutto già da sempre, quelli che avevano sciolto l’indovinello al primo carro armato passato in Ucraina, con disinvoltura sconosciuta a quel bollito di Winston. Sono i pacifisti unilaterali e prezzemolini dei talk show, i maniaci della trattativa col macellaio perché il macellaio è troppo forte, troppo inscalfibile, troppo amato dal suo popolo, improvvisamente colti da mutismo acuto. Tace Alessandro Di Battista, zelante inviato per il Fatto Quotidiano in Russia, da cui sfornava reportage sull’amore unanime per lo Zar diffuso da San Pietroburgo allo stretto di Bering e condivideva intemerate su YouTube con titoli oggi capolavori di comicità involontaria, come «Perché Putin ha un consenso così alto».
Un quadretto irenico livemente superato dai cingolati della Wagner che per tutto il pomeriggio sono avanzati verso Mosca senza incontrare resistenze degne di tal nome. Tace anche il direttore che commissionava i reportage, Marco Travaglio, e tace il sodale Michele Santoro, che tra un appello e l’altro per disarmare l’Ucraina non è mai stato sfiorato dal dubbio che il potere di Putin non fosse più così granitico. Nulla anche da Moni Ovadia, guru del collaborazionismo putiniano a Cinque Stelle, ma calcolando che strillò «Basta umiliazioni a Putin!» quando Zelensky venne invitato al Festival di Sanremo dev’essere assai contrariato, essendo l’umiliazione che l’ex colonnello del Kgb ha incassato con la ribellione del suo ex cuoco un filo più cocente di un videomessaggio. Solo uno parla, perché è il più dadaista di tutti, non è semplicemente un pacifinto strabico, è uno che ha fatto della verità una dependance del Cremlino, uno che ha issato il concetto di faccia di bronzo a vette sconosciute. Signore e signori, Alessandro Orsini: «Tutto ciò che di tragico accadrà alla Federazione russa avrà conseguenze tragiche per l’Unione Europea».
ULTIME PAROLE FAMOSE
Prigozhin puntava anche verso Bruxelles: Orsini è così angosciato per le sorti dello Zar, che vagheggia di trascinare nella sua eventuale caduta il Vecchio Continente. C’è da capirlo: la guerra civile che rischia di dilaniare la Russia è anche l’ultimo, letale colpo alle sue velleità divinatorie, alle profezie declamate in serie, e in serie schiantatatesi contro la realtà. Basterebbe quella mitologica del 3 marzo 2022 a Piazzapulita: «Putin ha già vinto, ci vuole il coraggio di dirlo». Quindici mesi dopo, non sappiamo se Putin prevarrà nella guerra interna, figuriamoci in quella contro l’Ucraina. Non male anche la “previsione” scandita l’1 marzo scorso a CartaBianca, con «margine di errore pari a zero» e la consueta, equilibrata percezione di sé: «La guerra finirà con una grossa concessione territoriale alla Russia». Ieri, approfittando dell’incendio fratricida tra Wagner ed esercito regolare, le truppe ucraine hanno liberato territori del Donbass che erano occupati dai russi fin dal 2014. È una certezza, Orsini: se assicura che accadrà qualcosa, regolati sull’esatto opposto, e non sbaglierai. In ogni caso, a prescindere dallo sviluppo sul terreno quella che ne esce a pezzi è la narrazione di tutti costoro. L’invincibilità di Putin, il monolitismo della Russia, l’impossibilità di aprire una faglia di rottura interna, l’impossibilità per l’Ucraina di avanzare, strappare territori, respingere l’Orso. Tutte verità assolute emesse dal salotto di casa, tutte cazzate.