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Rula Jebreal, l'ultimo delirio: le molestie sono di destra

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Daniele Dell'Orco
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Secondo Rula Jebreal la destra ha colpe anche quando non le ha. La giornalista in missione, non certo quella per la verità ma quella per la criminalizzazione sistematica dell’immagine di chiunque non sia un ultraprogressista come lei, riesce sempre a trovare nuovi modi per collegare il centrodestra al demonio. L’ultima sua prodezza riguarda la polemica intorno a “We Are Social”, l’agenzia di comunicazione milanese finita nell’occhio del ciclone dopo che, solo di recente, sono emersi i contenuti fortemente sessisti di una chat tra dipendenti, con tanto di accuse di molestie. È la famigerata “chat degli 80”, risalente al 2017 e oggi chiusa, in cui ottanta uomini appunto, di vario “rango” interno all’azienda, si scambiavano messaggi umilianti e degradanti sulle colleghe. Tutto è nato da un’intervista su Facebook a un noto pubblicitario, Massimo Guastini, che ha parlato anche dell’esistenza di un foglio Excel con la classifica delle dipendenti più avvenenti.

 

 

 

Da lì il flusso di confessioni non si è mai arrestato fino a parlare delle decine di messaggi shock sulle colleghe ogni giorno, con tanto di voti o commenti del tipo “è talmente cessa e grassa che le infilerei un sacchetto in testa...” e una serie di volgarità che non vale la pena di riportare. Ma in effetti questo è solo uno dei tanti. Succede poi che sul Fatto Quotidiano Selvaggia Lucarelli abbia scelto di intervistare un ex dipendente con nome di fantasia. La Lucarelli, va ricordato, fu proprio negli anni della chat impegnata in una lotta senza quartiere per far chiudere da Facebook la contestata pagina “Sesso, Droga e Pastorizia”, account da un milione e settecentomila follower che secondo la Lucarelli fu protagonista di una deriva misogina, sessista e porno all’insaputa dei protagonisti. In effetti Fb le diede ragione e la pagina scomparve nel nulla. Nella conversazione con la Lucarelli tale Alessandr* racconta di un messaggio che ha particolarmente colpito Rula Jebreal: «Una ragazza aveva abortito. Uno di loro ha scritto: “Lavoro con questa che ha la figa tutta raschiata, penso all’idea di scoparmela mentre abortisce...”».

La frase è stata ritwittata dalla giornalista con la seguente, fantasiosa didascalia: «Frase ripugnante/oscena che evoca la retorica degli stupratori durante il genocidio in Rwanda. A scriverlo è un ragazzo italiano di We Are Social. La destra ha normalizzato questa violenza misogina, criminalizzando i diritti delle donne». Ora, per manifestare repulsione per degli uomini sfigati (la Jebreal ci tiene come al solito a sottolineare «italiani», ma solo quando fa comodo) che in una chat per sentirsi alfa e accettati nel “branco” di lavoro si debbano abbandonare a pensieri vomitevoli non è certo necessario scomodare addirittura le vittime del genocidio in Rwanda di cui probabilmente non hanno nemmeno mai sentito parlare.

 

 

 

Ma la cosa più tragicomica è il link inesistente con la destra. Primo perché non ha normalizzato un bel niente né criminalizzato nessuno. Secondo perché banalmente la chat e relativi commenti sono del 2017, quando il Presidente del consiglio era Paolo Gentiloni e l’Italia era reduce dalle esperienze di governo di Renzi, Letta e Monti. Un collegamento, quello tra i depravati di allora e il «clima creato dalla destra» davvero incomprensibile. Solo pochi giorni fa la Jebreal si era inerpicata su un’altra parete di critiche senza senso, attaccando Nicola Porro per la sua intervista a Roma con Elon Musk. Porro venne definito «un propagandista di estrema destra» e venne paragonato a Tucker Carlson, ex conduttore di Fox News. Secondo Rula, Porro sarebbe famoso «per i suoi feroci attacchi contro chiunque critichi Meloni e per aver ospitato teorie del complotto anti-vax e pro-Putin». Per questo, farebbe pappa e ciccia con Elon Musk. Ma come? Proprio nelle stesse ore in cui Musk veniva usato contro la Meloni per via della sua scelta di far ricorso alla maternità surrogata? Più che giornalismo, questo sembra un succedaneo di ciò che i bambini facevano una volta mentre giocavano coi soldatini (cosa che probabilmente oggi farebbe finire i genitori alla sbarra): muovere volti, storie e profili di professionisti per piazzarli gli uni contro gli altri in base alla retorica che si vuole utilizzare. 

 

 

 

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