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Concita De Gregorio, "cosa svela l'omelia funebre": altro fango su Berlusconi

Concita De Gregorio

Corrado Ocone
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Sì, forse ha ragione Concita De Gregorio: si tratta di due mondi diversi, persino opposti. Ma i due universi a confronto, che si sono messi in scena ai rispettivi funerali, e sui quali ieri la giornalista ha costruito un editoriale pieno di livore, non sono certo quelli rappresentati da Silvio Berlusconi e da Flavia Franzoni, la moglie di Romano Prodi morta poche ore dopo l’ex presidente del Consiglio. Né sono quelli di due eminenti figure di Santa Romana Chiesa quali i cardinali Mario Delpini e Matteo Zuppi che hanno tenuto le rispettive omelie, e che la giornalista (e il titolista) di Repubblica in modo blasfemo hanno provato a contrapporre.

I mondi opposti sono piuttosto quelli di Berlusconi e della gente che si è riconosciuta in lui, nella sua vitalità e nella sua determinazione, e quelli dei non molti ma potenti e influenti “uomini (o donne) del risentimento” che hanno tentato di fermarne l’azione non con la politica ma con le armi improprie della calunnia, del dileggio, di una presunta “superiorità morale”, di una giustizia politicizzata. Sono costoro, in primo luogo, gli esponenti di quella casta dei radical chic che disprezza gli esseri umani, quello che spregiativamente chiamano “popolino”, e che della vita vuole godere solo in privato, fra pochi “eletti”, fra le mura domestiche di un salotto romano odi una masseria in Toscana.

MORALE DEL SACRIFICIO
Uomini e donne che si trincerano, per i loro scopi, dietro una morale del sacrificio e della mortificazione, dietro valori ipocritamente sbandierati ma mai concretamente praticati come la giustizia e la solidarietà. Oppure dietro quell’amore per il prossimo su cui l’uomo Berlusconi ha dato lezioni un po’ a tutti, umanizzando la stessa politica e non criminalizzando gli italiani, secondo una antica tradizione delle nostre élite. «Il risentimento», scrive Nietzsche nella Genealogia della morale (1887) pensando anche ai socialisti del suo tempo, «è di quegli esseri ai quali la vera reazione, quella dell’azione, è negata e che perciò non trovano compenso che in una vendetta immaginaria». Egli parla anche di «rabbia segreta contro la vita» e di «scuola della calunnia», con parole che sembrano scritte oggi. E invita a «dire sì alla vita», venendo a concordare paradossalmente con il più classico dei tedeschi a lui contemporanei, quel Goethe che cantava: «Viva chi vita crea!».

In tutta questa storia, che vive della menzogna su cui si è costruita la cultura politica italiana dominante prima e l’antiberlusconismo oggi, i cardinali Delpini e Zuppi, subdolamente tirati in ballo dalla De Gregorio, non c’entrano nulla, così come nulla c’entra Prodi e la sua povera vedova. Non c’entrano i primi perché la Chiesa è per sua natura ecumenica ed accoglie ogni carattere umano se frutto di animo puro e sincero: chi ha un forte desiderio di vita così come chi sceglie di stare nelle retrovie a servire i poveri come la Franzoni. Quella onestà intellettuale e quella generosità d’animo che non si può certo non riconoscere a Berlusconi, anche lui, in diverso (e forse più concreto) modo, vicino ai deboli di questo mondo come dimostrano mille episodi della sua vita privata e professionale.

CONFRONTO MA NON LOTTA
Lo stesso Prodi ha detto di aver combattuto politicamente Berlusconi ma che la loro rivalità non è mai trascesa: Il che detto in soldoni significa che mai egli avallerebbe quell’idea di una «distanza antropologica, etica ed estetica, degli invitati fra i banchi» dei due funerali su cui costruisce il suo articolo Concita De Gregorio. E su cui anche Elly Shlein, pur presente furtivamente al funerale di Milano, ama costruire la sua retorica. La neosegretaria del Pd darà pure «figlia politica di Prodi», ma da questo punto di vista è una figlia degenere.

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