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Berlusconi in ospedale, Sgarbi: "Come Carlo III, ma con Marta Fascina"

Pietro De Leo
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«Io sono andato a trovare Berlusconi fino all’ultimo ricovero. Poi non ho più avuto il desiderio di andare». Libero raggiunge al telefono Vittorio Sgarbi quando le agenzie battono i primi flash con la notizia che Silvio Berlusconi è di nuovo al San Raffaele.«Questi giorni ho parlato con tutti gli amici che stanno intorno a lui, e mi hanno chiesto perché non l’avessi chiamato in ospedale o quando ne è uscito».

 

 

Appunto, professore. Perché non l’ha chiamato o visitato? 
«Io sono talmente amico di Berlusconi da volerlo avere di fronte soltanto nella pienezza del suo spirito divertente e avventuroso. Lui è certamente lucido come sempre, ma voglio ritrovarlo ristabilito anche nel fisico. Quindi preferisco non andare a trovare un convalescente, si creerebbe una situazione di squilibrio. Voglio vedere il Silvio Berlusconi che ho sempre conosciuto. Noi abbiamo sempre avuto una visione del mondo da film degli anni ’50 e ’60. O meglio, da “Amici Miei”. Su questo l’ho sempre difeso e lo difenderei ancora, perché non si può far diventare reato il divertimento».
Allude all’epopea giudiziaria sulle “cene eleganti”? 
«Sì, e trovo inaccettabile che il Presidente della Repubblica non abbia mai detto che metter su un processo su questa cosa sia stato uno scandalo. Se non c’è violenza o droga, come in questo caso, non si capisce come si possa aprire un’inchiesta chiamando prostitute delle donne che sono adulte e perfettamente convinte di quello che fanno. È stata una cosa umiliante per il mondo femminile, e anche umiliante per tutti noi. Mi ricordo che alla Biennale del 2011 andai a cena a casa sua a Roma, a quel tempo Palazzo Grazioli. Ero con cinque donne e cinque uomini. Ebbene, i giornalisti indicarono solo le donne, come se fossero prostitute. Ho trovato intollerabile questo tipo di colpevolizzazione. E’ stata un’umiliazione in cui io sono stato vicino a Berlusconi come nessuno, difendendolo da queste accuse, sempre e comunque. Questo riguarda il nostro rapporto. In politica avrei fatto cose diverse da lui. Per esempio, ha indicato ministro persino Carfagna, scelte che io ritengo del tutto sbagliate».

 

 

 


Tornando alla storia pubblica di Berlusconi. Lui ha sempre messo al centro della sua azione politica la libertà. Il modo in cui ha affrontato le malattie, in cui si è sempre rimesso in piedi sfidando le cautele, non dà il senso della libertà rispetto al tempo che passa? 
«È una bella interpretazione, questa sua. Molto nobile. È vero, e ce l’ho anche io, per quanto sia più giovane. C’è la volontà di non cambiare, di non mutare mai rispetto al tempo che passa. La mente te lo consente, il corpo meno. Quando era ricoverato, Berlusconi ha fatto l’intervento alla convention di Forza Italia, lo stesso giorno in cui a Londra incoronavano Carlo III. Aveva molta energia mentale, per quanto mostrasse debolezza nel fisico. Per questo avrei qualche disagio nel vederlo convalescente».

 

 

 


Lei ha vissuto sin dall’inizio l’epopea politica di Silvio Berlusconi. In questo lungo percorso che rapporto c’è stato tra il messaggio politico trasmesso attraverso il corpo, la fisicità, e quello attraverso le idee? 
«Dal punto di vista fisico, lo abbiamo detto: ha dimostrato a lungo di vincere il tempo. Anche il fatto di avere accanto a sé una donna molto più giovane come Marta Fascina non è una forma di senilità, ma una sfida. Un po’ come Moravia che aveva vicino a lui una donna di 40 anni più giovane. Però, ora come ora credo che Berlusconi debba mantenere, rispetto al proprio partito, una posizione più ‘filosofica’, e affidare la sua creatura politica ad un comitato di 5-6 persone, con la missione di dargli la soddisfazione di un bel risultato alle Europee del prossimo anno. È un’operazione, a cui sono disponibile, che deve fare con le persone fidate che ha intorno. Tornando alla storia, dal punto di vista ideale Berlusconi ha rappresentato l’idea di una reazione ad un corpo politico che la magistratura aveva plasmato a sua immagine e somiglianza. Il suo impegno ha salvato l’Italia dal commissariamento giudiziario. E questo è stato importante».

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