Christine Giampaoli Zonca: "Bobbi-Valsecchi? Ma quale sessismo, mi hanno fatto sorridere"
«Ma quale sessismo, dai raga, i problemi delle donne sono altri. Che poi, io e Davide (Valsecchi, ndr) eravamo a tavola assieme, abbiamo pranzato prima del Gran Premio, siamo amici. Lui e Matteo Bobbi - e conosco anche lui - hanno fatto una semplice battuta, mi hanno fatto ridere. Non mi sono offesa, per niente. Rispetto le opinioni di tutti, ma a me è sembrata una cosa molto light, leggera. Anche per la ragazza che era con me è così». Christine Giampaoli Zonca (scoperta da Mowmag.com che ci ha segnalato il suo contatto) ha 29 anni, è una campionessa di rally (campionato Extreme E, fuoriserie elettrici da oltre 500 cavalli) figlia di genitori italiani, naturalizzata spagnola, si è fatta da zero ed è molto bella, ma di questi tempi dirlo è pericoloso. Breve riassunto: Gran Premio di Barcellona, domenica scorsa, l’ex pilota Valsecchi e la giornalista Federica Masolin sono collegati dal circuito, e Bobbi - siamo su Sky - se ne esce così: «Volevo dire a Davide che dietro di lui c’è un bel pacchetto di aggiornamenti, se si gira». Prima si parlava di aggiornamenti delle auto di Formula1. Valsecchi si gira e risponde: «Purtroppo mi hanno detto che non si può testarli, quindi alzo le mani». Il siparietto va avanti ancora qualche istante, magari ai due sfugge un po’ la frizione, ma da qui a urlare alla «vergogna» e invocare punizioni esemplari peri protagonisti, come hanno fatto alcuni giornali, be’, ne passa. Alla fine Bobbi e Valsescchi sono stati sospesi da Sky per una gara. «Sono molto dispiaciuta, ho scritto a tutti e due, mi sembra una polemica assurda, gli ho detto che non mi sono assolutamente offesa».
Se ne parla anche in Spagna?
«No, qui non mi ha chiesto interviste nessuno. Hanno provato a contattarmi solo dall’Italia, poi un paio di messaggi di amici che vivono negli Stati Uniti, perché gli era arrivato il video e volevano capire cos’era successo, ma tutto lì».
L’ambiente dei motori è maschilista?
«Guardi, io non ho mai avuto problemi. Ho iniziato da ragazzina, gareggio contro uomini e donne, ho corso anche contro campioni come Carlos Sainz. Quando indossiamo il casco e la tuta siamo tutti uguali, conta solo chi è più bravo».
Da qualche anno sulla griglia di partenza non ci sono più le “ombrelline” accanto ai piloti di F1: per qualcuno, tenerle lì, era umiliante.
«Ripeto: rispetto il pensiero degli altri, ma non erano obbligate, nessuno le costringeva. Ci andavano perché erano pagate. Se non volevano potevano fare benissimo altri lavori, ognuno è libero. E poi nella Superbike (moto, ndr) ci sono ancora, mi pare».
Quando ha iniziato a gareggiare?
«Da ragazzina. Fino a 8 anni ero in India, a casa giocavo sempre con le macchinine. Poi Varese, Perugia, e quando ne avevo 17 ci siamo trasferiti alle Canarie. Lavoravo in gelateria la mattina e in un bar al pomeriggio. In pausa pranzo sentivo il rombo dei motori, vivevamo a Fuerteventura, c’era un circuito di terra clandestino. Mi sono innamorata di una Toyota Corolla dell’89, era gialla cangiante. Sentivo il rombo, non riuscivo più a farne a meno. Ho aspettato una settimana che tornasse, sono uscita di corsa e mi ci sono buttata davanti».
È ancora tutta intera...
«Il pilota gridava “rubia loca, rubia loca”, la bionda pazza. Gli ho chiesto se mi faceva fare un giro e da quel momento ho capito che le auto erano la mia vita, anche se i rally se non hai i soldi non li fai, e io non ne avevo».
E quindi?
«Ho iniziato a lavorare come meccanico, ho messo via i soldi e un po’ alla volta la macchina me la sono costruita quasi da sola, una Golf dell’88. Alcuni pezzi li ho presi dallo sfasciacarrozze. Poi mi sono toltale mie soddisfazioni e nel 2014, a 20 anni, ho vinto il campionato delle Canarie».
Dopo il caos di Barcellona l’ha contattata qualche ragazza?
«Sì, mi hanno scritto sui social. Alcune mi hanno detto che dovevo condannare pubblicamente quello che era successo. Ho letto i messaggi, ma per me non è successo niente di che».
Diceva che «i problemi delle donne sono altri»...
«Certo. La difficoltà di trovare lavoro in certi settori, ad esempio. Sono quelle le battaglie, secondo me. Non nel Motorsport però, perché qui conta solo chi va più forte».