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Ponte sullo Stretto, Vittorio Feltri: fatelo, ma non credo ci salirò

 Vittorio Feltri

Vittorio Feltri
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Adesso pare proprio che il Ponte di Messina possa diventare realtà, dopo annidi polemiche, discussioni sulla sua fattibilità, dibattiti sui costi che la realizzazione dell’opera comporterà. Non so quando cominceranno i lavori del mastodontico manufatto. Prevedo o spero che non inizieranno mai. Intendiamoci, non intendo polemizzare sulla eventuale messa in opera dell’eventuale gigante di cemento che sta a cuore a Berlusconi e a Salvini. Posso solo aggiungere che personalmente non cavalcherò mai questo colosso; soltanto a vederne i disegni e i progetti mi sento male. D’altronde ogni volta che mi è capitato di dover andare in Sicilia da Milano mi sono sempre servito di un aereo, nonostante questi mezzi di trasporto mi intimoriscano come una malattia terminale. Insomma, avrete capito, io odio i ponti, mi terrorizzano da anni.

 


Nel 1980 circa abitavo a Treviglio e tutti i giorni mi recavo a Milano, lavorando al Corriere della Sera. Per passare dalla provincia di Bergamo a quella milanese dovevo attraversare il fiume Brembo percorrendo a Brembate un ponte costruito negli anni Trenta. Un giorno sulla mia macchina passai su quel tratto di strada che sormontava il corso d’acqua. A un certo punto la vettura ebbe un sussulto come stesse precipitando. Mi spaventai ma nel frattempo arrivai sulla terra ferma e dimenticai l’episodio. La notte, chiuso il giornale, intrapresi il viaggio di ritorno a Treviglio dove possedevo una cascina nella quale vivevano i miei cinque figli. Avrei dovuto riattraversare il ponte tremebondo. Peccato che fosse crollato un paio di ore prima del mio arrivo in zona. Dovetti fare un giro e passare su un ponticello romano che era in piedi da 2000 anni. E giunsi un po’ spaventato a casa.


Questa esperienza mi ha turbato al punto che ancora oggi se vedo un ponte mi viene l’urto del vomito. Figuratevi se posso avere simpatia per il colosso che dovrebbe unire la Calabria alla Sicilia, lungo non so quanti chilometri e mi dicono che avrà una sola arcata. Non percorrerò mai quel tratto sospeso nel vuoto come una cambiale. Che poi sorge su un territorio famoso perché sismico, sembra una trottola. Tanto è vero che Messina è diventata famosa per un devastante terremoto avvenuto oltre un secolo fa, e tutti se lo ricordano. Quel futuro ponte mi sembra una scommessa con il diavolo che notoriamente è più astuto di qualsiasi ingegnere, a parte quelli romani che costruivano da Dio tant’è che l’acquedotto romano di Adriano è ancora fresco come una rosa. Se poi penso che il viadotto di Genova è caduto come una pera pochi anni dopo essere stato edificato, e recentemente un altro ponte si è sbriciolato al Sud, faccio le corna e auguro ai calabresi e ai siciliani di usare i traghetti per frequentarsi.

 

 

Poi mi viene un pensiero carogna: invece di impiantare quel mostro che sorvola chilometri di mare, non sarebbe più urgente realizzare una rete stradale idonea per agevolare gli abitanti delle due regioni meridionali? Un’ultima osservazione. Secondo informazioni scientifiche, la Sicilia si allontanerebbe dal continente tre millimetri all’anno. Se è così l’erigendo ponte dopo dieci anni sarebbe più corto del necessario. Vero che un’opera gigantesca come quella progettata sarebbe una attrattiva mondiale che aumenterebbe la reputazione nazionale, però la mia cattiva reputazione ce l’ho già. 

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