Roberto Saviano, incredibile: esalta Berlusconi per colpire la Meloni
Contrastare Giorgia Meloni? Val bene un «caro Silvio, come era bello ai tempi tuoi...». Parole liberamente ispirate dall’ultima intervista di Roberto Saviano da Gomorra. Proprio lui, lo scrittore che ha «orrore del profitto» (degli altri), su La Stampa è arrivato a rimpiangere - stavolta sì, letteralmente - niente meno che Silvio Berlusconi.
Sì proprio il Cavaliere, più che bersagliato negli anni a Palazzo Chigi dallo scrittore anti-camorra (di cui è stato editore, mai ringraziato, della sua fortunatissima opera prima), è stato oggetto di una riabilitazione in vita da far impallidire quella pronunciata nei mesi scorsi dai vari piddini e da Romano Prodi e pochi giorni persino da Martin Schulz. Tutto ciò, ça va sans dire, in funzione anti-Giorgia. Leggere per credere: «Lui (Berlusconi, ndr) voleva convincere e andava anche in luoghi avversi per conquistare». E la premier? «Meloni no, vive nella sua bolla. La tendenza del governo è parlare solo alla sua parte». Insomma, per Saviano- che denuncia l’immancabile “deriva ungherese” in Italia (sfortunato: lo ha detto nello stesso giorno in cui Reporter sans frontières promuove il Belpaese di ben diciassette posizioni sulla libertà di stampa) - si stava meglio quando c’era al governo Silvio: lui sì che «agiva diversamente», passando «all’interno del confronto democratico».
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Revisionismo storico a go-go, insomma, funzionale però non a un riconoscimento tardivo delle grandi doti liberali del Cavaliere ma esclusivamente come lievitante per sua la tesi: quella di chi crede di poter insultare donne e uomini della politica (ma solo di centrodestra) rivendicando una sorta di immunità intellettuale. Già, perché né Salvini (definito da Saviano «ministro della malavita») né Meloni (apostrofata come «bastarda») intendono riconoscere l’attenuante di scrittore a un Saviano militante a tempo pieno dei no border e delle Ong tanto cari al Pd. Le cause in Tribunali nei suoi confronti vanno avanti. Ed ecco che lo scrittore, che pure ha vinto in primo grado la causa per diffamazione intentatagli dal ministro della Cultura Sangiuliano, si immerge nella sua specialità: il vittimismo. «Tutto ci si può aspettare in un clima che non è sereno», ribatte spiegando di non sentirsi tranquillo «in una situazione politica del genere». Insomma, Roberto è così tanto in cortocircuito che non si fida più nemmeno dei magistrati...
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