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Vittorio Feltri, la telefonata: "Cosa mi ha detto il papà del ragazzo ucciso dall'orso"

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Vittorio Feltri
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Mi ha telefonato il padre del ragazzo ucciso dall’orsa in Trentino. La nostra è stata una conversazione civile, benché lui avendo letto i miei articoli su Libero e avendomi ascoltato in tv sapesse perfettamente della mia simpatia verso i plantigradi, al punto di essere contrario all’abbattimento dell’assassina. Questo signore pacato e ragionevole mi ha raccontato quello che succede sui monti dove abita, luoghi che io ho visto di sfuggita e non conosco nei dettagli. Egli mi ha detto, e non ho motivo di dubitare della sua sincerità, che suo figlio, laureato in scienze dello sport, raramente faceva quattro passi nei boschi, e usava per meglio camminare due racchettine utili a deambulare in equilibrio. Ed ha aggiunto che quel tragico giorno non era salito sulle vette ma si era limitato a raggiungere i settecento metri, quindi poco più in alto rispetto al paese dove abitava.

 


Ciò significa che gli orsi non vivono a duemila metri, ma ormai si spingono fino a sfiorare il centro abitato dagli uomini. Ed io ignoravo il particolare, ero convinto che i bestioni se ne stessero in alta quota. Significa che essi ormai si sono moltiplicati e che per trovare nutrimento si avvicinano al consorzio umano dove di riffa o di raffa riescono ad addentare del cibo Tutti gli esseri viventi hanno bisogno di nutrirsi per tirare a campare. Quindi il problema mi pare diverso da come finora è stato descritto. Gli orsi nella regione arrivarono su disposizione dell’Europa che non valutò un fatto: che essi si sarebbero moltiplicati e poiché il numero fa la forza, ovvio che questi animali a me simpatici, a un certo punto si sono sparpagliati fino a lambire i centri abitati. Di qui la loro pericolosità, in quanto essi non sono né ragionieri né dottori pertanto in determinate circostanze, davanti ai cristiani, di cui hanno timore, possono avere reazioni molto violente. Ecco così si spiega l’aggressione al ragazzo che non è riuscito a salvarsi.

 

 

A questo punto, in effetti, non ha senso che la comunità voglia vendicarsi del terribile agguato uccidendo l’orsa che lascerebbe tre cuccioli privi di protezione. Qui semmai è necessario trasferire i bestioni, innocenti per definizione, in zone più isolate dove essi possano scorrazzare in libertà senza confliggere con i bipedi. Il discorso mi sembra chiaro. Non bisogna ricorrere al fucile o a iniezioni letali per eliminare il pericolo di essere azzannati, ma serve soltanto trovare un luogo adatto dove ricoverare i giganti pelosi. Ciò richiede organizzazione degli enti pubblici, mentre i cittadini non sono attrezzati a difendersi da soli sotto casa dai giganti stessi affamati.

Quindi non comprendiamo il senso della soluzione prospettata da Fugatti, il presidente regionale, ovvero stecchire l’orsa in questione nella speranza di risolvere il dilemma. Morta la “belva”, in zona rimarrebbero oltre cento esemplari della stessa specie pronti a imitarne le gesta. Da notare che questi selvatici non sono arrivati in Italia con passaporto, ma mediante deportazione. Colpa nostra che li abbiamo ospitati evitando di valutare che non sono agnellini. Come se io adottassi un leone nel mio giardino senza valutare la sua ferocia. Sarei un cretino. Ecco, stiamo proprio parlando di cretini.

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