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25 Aprile, la lezione di Vespa alla sinistra: "La Resistenza non è una vittoria comunista"

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Bruno Vespa avverte la sinistra sulla questione del 25 aprile, "la Resistenza non è una vittoria comunista". In un editoriale su Il Giorno, il giornalista riporta una conversazione che ha avuto con Paola Del Din, 100 anni, "medaglia d’oro al valor militare, prima donna paracadutista e agente segreto con gli inglesi nella Resistenza in onore del fratello Renato, ufficiale degli alpini, morto in combattimento contro i nazifascisti. Faceva parte della Brigata Osoppo, i partigiani ‘bianchi’, monarchici, liberali, cattolici, socialisteggianti". Quando, prosegue Vespa, "le ho chiesto perché vuole essere chiamata ‘patriota’ e non partigiana, mi ha risposto: 'Perché io ho combattuto per tutti e non solo per una parte'".

 

 

Ecco, sottolinea il direttore di Porta a porta, "il punto è questo. Solo la straordinaria abilità di Togliatti e l’indolenza degli altri (me lo riconobbe Andreotti) ha fatto della Resistenza una vittoria ‘comunista’. In realtà, al censimento del 30 aprile 1944, prima che cominciasse l’assalto al carro del vincitore (80mila partigiani a metà marzo ’45, 250mila a sfilare il 25 aprile) i combattenti erano soltanto 12.600, di cui solo 5.800 garibaldini. Gli altri erano 3.500 autonomi (come quelli della Osoppo), 2.600 azionisti di Giustizia e Libertà, 700 cattolici. Uniti nella lotta al nazifascismo, i combattenti erano divisi sul futuro dell’Italia nordorientale".

 

 

Insomma, conclude Vespa: "La prima operazione-verità di un rinnovato 25 aprile è questa: i comunisti erano i meglio organizzati, ma non sono stati i soli a fare la Resistenza. Una seria opera di pacificazione deve partire dalla giusta ripartizione dei meriti (chi ricorda più il generale Cadorna, comandante militare della Resistenza e il banchiere liberale Pizzoni, presidente del Comitato Liberazione Alta Italia e chiave finanziaria dei partigiani?). E approdare alla distinzione tra fascisti delle Brigate Nere, autori anch’essi di violenze atroci, e i giovani che si arruolarono con Salò per riscattare il ‘tradimento’ del 25 luglio. L’egemonia di una parte è incompatibile con una memoria condivisa". 

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