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Ilaria Cucchi insulta Salvini? La decisione impensabile dei giudici

Francesco Storace
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Ilaria Cucchi sciacalla. In fondo, se sono appena due mesi di reclusione, uno può anche beccarseli. Sono le soddisfazioni che ti presenta la vita. Anche perché questa sorte è capitata ad una signora di Terni, che a 72 anni ha avuto la brutta pensata di mettersi a curiosare su Facebook i vari post. Poverina, le è capitato sotto gli occhi un articolo rilanciato da Vittorio Sgarbi – il solito istigatore – che dava conto dell’assoluzione della Cucchi per aver definito a sua volta sciacallo Matteo Salvini. No, il Capitano non lo può offendere anche quella lì e la signora di Terni ha metaforicamente tirato giù tutto quello che poteva. La rete rimbombava, secondo donna Ilaria. Eh signora mia, anziana navigatrice in rete, lei ha sbagliato gravemente. Perché non sa di vivere in Italia, dove c’è chi che si può permettere di “sciacallare” contro uno e non contro l’altra. Evidentemente lei non lo sapeva, perché altrimenti non avrebbe scritto un commento pepato del tipo “sciacalla sarà lei”.

 

 


IL VERDETTO
E così la condanna se l’è beccata la signora, l’anello più debole della compagnia. Perché la Cucchi può e lei non può. Sembra un film di Totò, ma è la giustizia di questo nostro Paese. Quello che è un insulto per qualcuno non lo è per altri. E chi paga è appunto la più debole di tutti, la povera signora di 72 anni che passava un po’ di tempo innocente sul social network in quel marzo 2021. Magari cercava notizie sul Covid e le è capitata Ilaria Cucchi. Quel giorno morivano 354 italiani per il coronavirus ma madame Cucchi pigolava su Facebook a caccia di persone da querelare. Per fortuna che la senatrice è contraria al 41-bis, come ha testimoniato con la sua vicinanza ad un delinquente conclamato di nome Alfredo Cospito, sennò chissà che cosa sarebbe stata capace di sollecitare per la signora di Terni che aveva imbracciato il computer contro di lei a difesa di Salvini, insultato anche se contro di lui non è considerato reato.

 

 


È una lezione davvero amara quella che viene dalla sentenza di Terni: due mesi di reclusione ma con pena sospesa. È un buffetto, uno schiaffo, un non si permetta più e anzi mi eviti se mi incontra. Questa lezione, con in cattedra la professoressa Ilaria Cucchi, descrive alla meglio lo stato di una giustizia sempre più incomprensibile. Due pesi e due misure, anche se sempre dalla stessa parte. Posso criticare ma non essere criticato. A che serve scrivere il codice penale se poi lo si applica in maniera da apparire stramba ai più? La critica non è certo ai giudici, che evidentemente applicano leggi scritte a maglie davvero larghe se la parole sciacallo è un reato per alcuni e non per tutti. Ma un riflessione la deve fare anche una parlamentare come Ilaria Cucchi. Di fronte a sé aveva una donna anziana, alla quale si è voluto infliggere una sanzione. Però se Giorgia Meloni o Matteo Salvini portano in tribunale Roberto Saviano – che non è un’anziana donna e in giudizio può ben resistere anche economicamente – diventa uno scandalo.


DISPARITÀ
I due governanti, premier e vicepremier lo sono diventati appena pochi mesi fa. Esattamente come la neosenatrice. Arrivata a Palazzo Madama grossomodo negli stessi tempi. Se lei ha il diritto di querelare una donna di 72 anni – e mantenere la denuncia anche da parlamentare – perché loro sarebbero i prepotenti sedi fronte hanno un intellettuale stracoccolato e lei no? Sempre per i due pesi e due misure? Questa la vorremmo capire bene, per cortesia. La Cucchi si è costituita anche parte civile contro la signora, quasi a volerle spillare la pensione. Ma, di grazia, davvero i parlamentari ora vanno a caccia del popolo da punire persino nel portafoglio? E cosa è se non logica di casta, signora Cucchi? Tutta colpa di Vittorio Sgarbi, potremmo dire, che se non avesse rilanciato quell’articolo, l’onore di Ilaria non sarebbe stato così gravemente ferito. Magari, romantico com’è, Sgarbi si precipiterà a chiedere lui al giudice di poter prendere in appello il posto della signora di Terni. E sarebbe un processo fantastico, da sogno. 

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