No Name Radio, se la Rai senza logo conquista i giovani
Il direttore di Radio Rai lancia No Name Radio, e vila Mazzini si butta su un pubblico mai raggiunto. Ma l'uomo è tra quelli sotto osservazione per un grosso ruolo nella viale Mazzini del futuro
Roberto Sergio è direttore di Radio Rai, manager accorto, dirigente navigato di viale Mazzini pronto alla rivoluzione che dovrebbe accendere in tandem con Giampaolo Rossi (rispettivamente papabili direttore generale e amministratore delegato della Rai del dopo Fuortes, dicono i rumors…).
Sergio ha pure dimostrato anche un inaspettato slancio creativo nel fondare, a dicembre scorso, No Name Radio, il nuovo canale ‘powered by Rai’ dedicato a un target di giovani e di giovanissimi. Una radio volutamente senza nome e senza brand Rai nel logo, per avvicinare la Generazione Z in senso trasversale. Il lancio in pompa magna della nuova testata era avvenuto in uno studio stroboscopico avvolto da luci immerse nell’arcobaleno. Ad accompagnarlo c’erano sei artisti di gran calibro: Ernia, Ditonellapiaga, Franco 126, Fulminacci, Claudym e Lil Kaneki. “Il progetto No Name Radio” aveva spiegato il direttore Sergio “nasce la scorsa primavera con l’obiettivo di offrire una radio digitale ai giovani tra i 15 e i 24 anni. Target complesso e sfidante. La nostra radio sarà un ambiente digitale in cui vogliamo che i giovani si riconoscano e che contribuiscano a far crescere. Tanto che stiamo reclutando speaker nati dopo il 2000, operazione che sta già facendo registrare numeri importanti. La musica sarà quella più amata da questo target, le voci e i volti saranno quelle della generazione Z. E ovviamente sarà un progetto fluido, pronto a rispondere ai bisogni di ascolto dei ragazzi”. E i ragazzi hanno risposto. Non era scontato. Dal nuovo spazio musicale emerge ora qualche (ottimo) numero: 8553 followers sulla nuova pagina Instagram; oltre 65mila visualizzazioni dei reel Instagram prodotti dal canale; oltre 14mila visualizzazioni dei reel con Fulminacci del pre-openining event; oltre 100 stories prodotte dai giornali e blog nella sera del pre-opening event. A questo s’aggiungano le oltre 500 candidature video per diventare nuovi speakers nei primi 10 giorni di vita del canale (e più di 10mila accessi al sito per la campagna di recruiting, di reclutamento delle nuove voci, le prime due sono quelle di Federica Longo e Michele Gioia).
La nuova radio tende a produrre “ambassador della nuova scena musicale”, “influencer” e “speaker nati dopo il 2000”; diciamo che respira aneliti di servizio pubblico. Non ha nemmeno la raccolta pubblicitaria per servire al pubblico prodotti, se vogliamo, in purezza artistica. No Name Radio è dinamica, autogestita, molto fluida (al punto da suscitare il plauso del mondo Lgbt, bacino d’utenza assai appetibile); e minaccia di incrementare numeri d’audience già importanti. Il prossimo traguardo, da queste frequenze, è il Festival di Sanremo, e l’irruzione sempre più continua nel grande “flusso di streaming audio e video di Radio Rai”. Inutile dire che Sergio è molto contento.
Le cose gli stanno girando bene anche oltre la radio. E’ stata per esempio un trionfo la consueta cerimonia di consegna dei riconoscimenti per la XXXVI Edizione del Premio Laurentum, presso Palazzo Giustiniani a Roma: la storica manifestazione organizzata da Sergio, che è stata anche l’occasione per fare il punto sulla Rai del futuro. Da padrone di casa l’uomo ha distribuito riconoscimenti all’inossidabile Gianni Letta, a Monsignor Vincenzo Paglia, a Mara Venier e Beatrice Venezi, Alice Oswald, Enrico Fraccacreta, Nicola Sciannimanico, Francesca Mannocchi, Frida Bollani Magoni. Tra il pubblico il sottosegretario alla Cultura Lucia Borgonzoni, il presidente della Commissione Cultura della Camera Federico Mollicone, Pier Ferdinando Casini, Corrado Minoli. C’è stato anche l’intervento di Ignazio La Russa in veste di Presidente del Senato. Cioè la crème de la crème della nuova cultura ad occhio già entrata nei palazzi del potere…