Gianni Agnelli: "Se Berlusconi vince le elezioni...", la frase che dice tutto
"Moderno, cinico, un po' paternalista". A 20 anni dalla morte di Gianni Agnelli, anche il Fatto quotidiano cede al fascino dell'Avvocato, padre e padrone di una Fiat che non c'è più e immagine di una Italia spregiudicata, fantasiosa, aggressiva e vincente, anche quando cadeva. Simbolo del potere e della bella vita, Agnelli viene celebrato non a caso con un certo senso di ammirazione pure da un pensatore di sinistra come Marco Revelli, rappresentante di un campo politico mai tenero con i Kennedy d'Italia, i padroni delle ferriere, i nemici ideologici nella contrapposizione con il proletariato e il popolo delle fabbriche. Relitti di un'era chiusa nel peggiore dei modi.
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Proprio il rapporto con la politica, suggerisce l'intellettuale in una sua intervista, esprime al meglio l'Agnelli-pensiero sia in politica interna che internazionale. "Amico dei Kennedy, ma anche di Kissinger che aveva sulla coscienza il golpe in Cile e l'assassinio di Allende - premette Revelli, sintetizzando la totale assenza di pregiudizi e preclusioni dell'Avvocato -. In Italia, invece, pur non avendo nulla da spartire con Berlusconi, se non la passione per le donne, gli votò la fiducia nel 1994 dicendo: 'Se vince avrà vinto un imprenditore, altrimenti avrà perso Berlusconi'".
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Mitologica anche la giustificazione all'appoggio al governo di Massimo D'Alema, una vicenda nella quale, spiega, "replicò una certa dose di cinismo". Ad Agnelli bastò una frase per mettere a tacere critiche e dubbi. Disse: 'Oggi solo un governo di sinistra può fare una politica di destra'. "Era fatto così", chiosa Revelli. E forse non c'è più nemmeno spazio per le recriminazioni.