Cerca
Cerca
+

Era italiano il primo computer (ma gli americani lo spensero)

Il gruppo del Programma 101 (Perotto è quello col pizzetto)

Sessanta' anni fa la squadra di ingegneri dell'Olivetti creò la «perottina» Il pc ebbe grande successo però i servizi Usa e l'Ingegnere erano ostili...

Francesco Specchia
  • a
  • a
  • a

Potevano esser Steve Jobs, finirono col diventare, in fondo, la sinecura di Carlo De Benedetti.
C'è una fotografia, datata fine 1962, che raffigura il trust di cervelli italiani più invidiato del mondo (tutti figli creativi di Adriano Olivetti: gli ingegneri Giovanni De Sandre, Gastone Garziera, Giancarlo Toppi capitanati da Pier Giorgio Perotto, seduto con lo sguardo verso un futuro irrequieto) accanto ad un enorme elaboratore che assomiglia a un macchinario ospedaliero per le tac.
La foto del "dream team" italiano, in queste ore, sta facendo il giro del mondo e dei social, proprio mentre negli ambienti delle telecomunicazioni si evoca, per l'epoca -sempre il '62 -la geniale intuizione di Perotto e i suoi. Ossia la creazione di «una macchina per elaborare dati che offra autonomia funzionale e che quindi abbia dimensioni ridotte per stare in ogni ufficio, programmabile, dotata di memoria, flessibile e semplice da usare». Un computer portatile, insomma. Il primo al mondo. Il prototipo, del "progetto impossibile" fu chiamato la "Perottina", successivamente "Programma P101". Ma il suo lancio mondiale coincise con la grande crisi economico-finanziaria della Olivetti issata su faticosissimi bilanci da Roberto Olivetti, figlio di Adriano.

NEL NOME DEL PADRE Roberto Olivetti nutriva di speranze le visioni paterne. Con tenacia passò gran parte del 1963 a viaggiare per l'Europa onde raccogliere capitali per la grande invenzione, ma non ottenne nulla. Le banche inspiegabilmente si rifiutarono di concedere prestiti. Come avvenne con Enrico Mattei, l'attivismo del patròn Adriano nella precedente acquisizione della Underwood, la storica fabbrica di macchine per scrivere americana, sarebbe stata vista dai servizi segreti Usa come «l'ingerenza di una casa informatica canaglia» che doveva essere al più presto disinnescata.
Aperta parentesi. Avvenne più o meno lo stesso boicottaggio, più o meno nello stesso periodo, con Adriano Buzzati Traverso-fratello di Dino Buzzati-biofisico di fama mondiale che riunì la più grande squadra di genetisti al mondo: e con finanziamento dell'Euratom, del Cnen e del Consiglio Nazionale delle Ricerche, fondò il Laboratorio Internazionale di Genetica e Biofisica a Napoli (poi Istituto Internazionale di Genetica e Biofisica, ora Istituto di Genetica e Biofisica). Anche il suo team, inviso non poco a Washington, fu smembrato. Chiusa parentesi. La famiglia Olivetti fu dunque stretta a far entrare una cordata ria «il Gruppo di  intervento di soccorso» con a capo Fiat, Imi, Mediobanca, Pirelli e altri. Dentro cominciarono ad imporsi grand commis scafati come Bruno sentini che poco capiva di business; e il giovane rampante manager reduce da un non felicissimo passaggio in Fiat Car lo De Benedetti il quale, forse invece di business ne capiva troppo. Al punto che l'Olivetti, assoggettata all'allora motto planetario «nessuna azienda europea può entrare nel mercato dell'elettronica, non fa per noi, non siamo in grado, per quello ci sono gli americani» fu, di fatto svenduta all'americana General Electric, intenzionata a fare uso proprio dei brevetti e dei professionisti olivettiani esporati. Il "Programma 101", così com' era strutturato era quindi destinato a defungere. Perotto e Garziera ebbero l'idea di chiamarlo «calcolatore meccanico» eliminando la dicitura «elettronico» che tanto infastidiva gli americani. Lo stratagemma funzionò, perché il team non venne trasferito all'azienda Usa. Nel novembre 1964 il P101 venne creato da Perotto e dal suo gruppo e presentato poi, nell'ottobre del 1965, all'Esposizione dei prodotti per ufficio a New York. È a oggi considerato «il primo computer commerciale programmabile» ovvero, per l'appunto, il primo personal della storia. L'invenzione sconvolse il mercato: i computer tradizionali larghi come campi di calcio divennero demodé; i prezzi di listino calarono da 100mila dollari dell'epoca a 3200; e il prototipo venne perfino trafugato dal laboratorio attraverso l’elaborata operazione di un manipolo di contrabbandieri svizzeri

I retroscena da spy story, poi, si arricchirono della presenza di un’impiegata dell’Ufficio Olivetti per le relazioni economiche con i Paesi dell’est. La quale, novella Mata Hari, fu accusata di aver cercato di vendere al Kgb di Mosca documenti Nato riservatissimi contenuti nella cassaforte dell’Olivetti: una cinquantina di cartelle contrassegnate dal “Top Secret” nelle quali era descritto il funzionamento di codici in grado di potenziare la funzione di un comune computer. Si trattava di una scheda talmente sofisticata da poter essere venduta a enti militari o governativi. La donna finì in galera, ma parte dei quei segreti industriali trovò altri lidi.

SENTIERO STRETTO Comunque, il successo del “primo pc” portò l’Olivetti a svilupparlo; ma, purtroppo, a parte gli uomini di Perotto, tecnici e progettisti e la rete stessa dei commerciali erano o spariti o non in grado di vendere prodotti diversi dalle macchine per scrivere. Ma era troppo tardi. La General Elecric aveva fatto del sentiero imboccato dal P101 la sua strada maestra. Pochi anni dopo lo stesso De Benedetti, alla guida dell’Olivetti fine anni 70, confessò di aver rifiutato l’offerta di entrare in Apple al 20% perché i due giovani fondatori, Jobs e Wozniak, «erano due smanettonI». Una recidiva. Quando si dice i talent scout…

 

 

Dai blog