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Clan Soumahoro, i soldi incassati sui migranti "fantasma"

Tommaso Montesano
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Pur di continuare a ricevere il contributo per i richiedenti asilo ospitati, i responsabili della cooperativa Karibu- presieduta da Marie Terese Mukamitsindo, suocera di Aboubakar Soumahoro e amministrata da Liliane Murekatete, compagna del deputato ivoriano (entrambe indagate dalla procura di Latina) - continuavano a inserire i migranti nel registro delle presenze anche dopo la loro uscita dai centri di accoglienza. È quanto emerge dalle testimonianze allegate all'ordinanza con la quale il giudice delle indagini preliminari di Latina, Giuseppe Molfese, ha disposto l'interdizione delle due donne da tutte le cariche, oltre a sequestrare alla società Karibu circa 640mila euro.


L.B., una dipendente di un'altra società "satellite" della "capogruppo", la Mukra, ha infatti rivelato alla procura che «molti ospiti delle strutture Sprar si allontanavano dalle strutture per ricongiungersi a familiari ed altro, di questo i responsabili della Karibu venivano informati immediatamente, ma non provvedevano a espungerli dalla lista tenendoli appesi per tre o quattro mesi. Continuando così a percepire il contributo dell'ospite che si era allontanato e non aveva più diritto» al relativo versamento.

 

 


I SOLDI ALL'ESTERO
Le testimonianze supportano la conclusione cui sono giunti inquirenti e Gip sull'«illecito meccanismo fraudolento, a gestione familiare», imperniato su Karibu e le sue «strutture satelliti» Jambo e Consorzio Aid. A proposito della prima, un altro dipendente di Karibu, F.D.P., ha messo a verbale di «non aver mai sentito parlare e di non sapere nulla circa l'associazione Jambo». Un'associazione, scrivono i magistrati, la cui autonomia «inizia e finisce con l'assunzione di personale che viene utilizzato per la realizzazione delle attività proprie della Karibu. Non è stata data prova, infatti, di alcun ulteriore costo sostenuto (utenze, acquisto, affitto o noleggio di locali o beni strumentali etc)». Non a caso il rappresentante legale della Jambo, denunciano i pm nella richiesta per l'applicazione delle misure cautelari interdittive, «risulta già da tempo irreperibile». I tre amministratori che si sono avvicendati nel tempo alla guida di questa «associazione schermo» sono indagati insieme a Mukamitsindo, Murekatete e Michel Rukundo, fratellastro di Liliane. Proprio la Jambo ha permesso alla Karibu di trasferire «parte delle ingenti somme ricevute per la cura e l'accoglienza dei migranti» verso l'estero e per «finalità estranee rispetto a quelle per cui il denaro è stato erogato dagli Enti pubblici».

 

 


SINDACATO ALL'ATTACCO
Per i vertici della coop Karibu sotto inchiesta i guai adesso potrebbero arrivare anche dal sindacato Uiltucs di Latina, che assiste 36 ex lavoratori delle società guidate dai familiari di Soumahoro (più altri 9 che stanno scontando le conseguenze dell'azzeramento degli appalti). Il sindacato guidato da Gianfranco Cartisano, infatti, ha annunciato di aver dato mandato al proprio legale di costituirsi parte civile nel prossimo procedimento penale a carico dei vertici di Karibu e Jambo Africa. L'obiettivo è «dare risposte» agli ex dipendenti, che si sono rivolti al sindacato per aprire una vertenza con il loro ex datore di lavoro. «Percorreremo tutte le strade possibili», annuncia Cartisano, «se si può attaccare qualche bene per fare arrivare i soldi ai lavoratori, che hanno subìto un danno, lo faremo». E un aiuto può arrivare anche dalla prefettura di Latina, dove è stato di fatto istituito un tavolo permanente per un trovare una soluzione. Prefettura cui due giorni fa, secondo indiscrezioni, si sarebbero recati anche gli ispettori del ministero delle Imprese.

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