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L'Espresso, dopo Damilano salta anche Abbate. Il retroscena: cosa è successo

Francesco Storace
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Magari alla Rai un posto glielo troveranno a Lirio Abbate, defenestrato direttore dell'Espresso. Da ieri, il gruppo editoriale Iervolino - subentrato a Gedi nella proprietà del settimanale - ha messo alla porta Abbate, preferendogli Alessandro Mauro Rossi, direttore di Forbes Italia e direttore editoriale del gruppo Bfc Media (che da Iervolino è controllato e il cerchio si chiude). Immancabilmente, la redazione dell'Espresso ha proclamato lo stato di agitazione e si è riunita in assemblea dando mandato al Cdr di «prendere ogni tipo di iniziativa a tutela del prestigio e dell'indipendenza della testata». E qui ci si chiede perché il cambio di rotta: per dirigere quel settimanale, Rossi ha tra le frecce al suo arco aver lavorato anche con Repubblica e L'Unità. I "requisiti" non mancano. E c'è anche un curriculum abbastanza vasto.

 

 

GLI AGNELLI E DAGO... - Resta la crisi in cui versa il giornale, che aveva perduto - per dimissioni - il precedente direttore Marco Damilano, approdato senza nemmeno troppo soffrire a Raitre. Il paracadute offerto da viale Mazzini era ad alta sicurezza e il giornalista ci si era fiondato subito. Chissà se la stessa sorte non debba toccare al suo successore.. Ma ovviamente ci si interroga su che cosa possa essere accaduto di così eclatante per giustificare il siluramento di un direttore. Al solito, le prime indiscrezioni le catapulta in rete Dagospia, che sulla materia racconta le cose che avvengono. E in questo caso mette sulle tracce i vari cronisti con un retroscena preciso: tutto nascerebbe da «un attacco durissimo a Exor e Cnh di John Elkann. Le due società degli Agnelli venivano tirate in ballo tra quelle che finanziano i colossi brasiliani accusati dei roghi che stanno devastando le foreste amazzonica. E Yaki, memore dei bei tempi in cui era lui l'editore dell'Espresso, non avrebbe affatto gradito. Il nipote dell'Avvocato si è incazzato e l'ha fatto presente a Iervolino, minacciando di stracciare l'accordo per la distribuzione del settimanale in allegato a Repubblica (che scade a marzo). E a quel punto il vispo "golden boy" dell'editoria italiana, Iervolino, si è rivalso sul direttore». Almeno secondo la ricostruzione del sito.

Altrove, la si racconta diversamente. Abbate non sarebbe stato licenziato, ma, con un linguaggio da purga, semplicemente avvicendato: gli verrà proposto di rimanere in squadra, con la qualifica di caporedattore (la stessa che aveva prima con Damilano) e stipendio invariato.

 

 

SVOLTA GESTIONALE - Ovviamente spetterà a lui decidere se accettare, ma sul punto il neodirettore Rossi sottolinea: «Guai a chi mi tocca Lirio Abbate! È una persona d'oro e un grande giornalista, che viaggia sotto scorta proprio per il coraggio dimostrato nella sua professione. Non so di quanti colleghi si possa dire lo stesso». Ma, allora, perché cambiare? La decisione è stata presa da Iervolino, anche a fronte di alcuni pareri contrari, per dare una svolta di tipo gestionale: «Si tratta di integrare maggiormente L'Espresso all'interno del nostro gruppo editoriale, visto anche che pesa per due quinti del bilancio complessivo del gruppo e quindi deve viaggiare col gruppo stesso». Le parole alla camomilla di Iervolino e Rossi non convincono molti, anche perché se ci fosse un'intesa col direttore che lascia l'incarico ben difficilmente avrebbe una logica la stessa proclamazione dello stato di agitazione dei giornalisti della testata. Che evidentemente non si fidano, in un caso, dell'editore; nell'altro, proprio di Abbate. Comunque preoccupati e anche a ragione... 

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