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Saviano, il paradosso: un giustizialista che si sente al di sopra della giustizia

Roberto Saviano

Pietro Senaldi
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Roberto Saviano si crede al disopra della legge. È a processo per aver dato, due anni fa, della «bastarda» a Giorgia Meloni per le sue posizioni sull'immigrazione clandestina, peraltro attribuendole, con un salto logico incomprensibile, la responsabilità di un bambino morto in mare. L'agit-prop della sinistra non ha mai chiesto scusa, anzi ha rivendicato orgogliosamente l'insulto, sostenendo che con quell'espressione, forte quanto sgradevole, intendeva sancire un postulato, un punto fermo non in discussione.

 

 

 

Oggi che è alla sbarra, il giustizialista Saviano si lamenta dei tempi troppo rapidi della giustizia. raccoglie la solidarietà di quasi tutta la sinistra, che definisce questo processo una sorta d'attentato alla democrazia, perché vede un povero letterato contro una potente premier. Si rammarica che i giudici non abbiamo convocato la Meloni come testimone, negando la possibilità di un dibattito in aula; lo stesso che lui aveva dichiarato di voler escludere utilizzando l'espressione incriminata.
In sostanza, l'autore di Gomorra vorrebbe trasformare il suo giudizio in un processo alla premier e alle sue opinioni in tema di immigrazione clandestina. Sogna di ribaltare i ruoli, diventando da imputato a pubblica accusa.

 

 

 

Siccome è in difficoltà, monta la panna o, se si preferisce, butta escrementi nel frullatore. Si atteggia a perseguitato politico, neanche fosse un giovane iraniano. Invece no, lo scrittore preferito da Fabio Fazio non è una vittima ma solo un gran maleducato, un insultatore seriale. Questo suo processo non ha alcuna dignità politica e chi vorrebbe conferirgliela è in malafede, perché sodale dell'imputato. È tipico delle organizzazioni camorristiche e mafiose, che Saviano conosce bene, affibbiare ai nemici delle etichette, che li squalifichino a prescindere, prima di ogni discussione. È un metodo che lo scrittore usa abitualmente nei confronti degli esponenti del centrodestra, con la complicità di chi confonde l'aggressività dell'uomo con l'incontestabilità del suo pensiero. Siccome ha un tono sprezzante, ha ragione, è l'equazione. Non so come finirà il processo, perché le vie della clemenza giudiziaria sono infinite quando sulla graticola c'è un mammasantissima della sinistra. Però un'eventuale condanna, più che giovare alla Meloni, farebbe bene alla sinistra. Le insegnerebbe a non ritenersi unica depositaria della verità e ad assumere toni meno presuntuosi e più civili nel dibattito politico. Che anche le cronache recenti ci dicono che i progressisti e affini hanno poco di cui vantarsi.

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