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Luca Traini, ve lo ricordate? Sconvolgente in carcere: cosa fa oggi

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Giordano Tedoldi
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Che strano miracolo è la poesia: può istruire, consolare, esaltare, far sentire meno soli, e anche trasformare radicalmente un uomo. La poesia può contagiare un estremista di destra come Luca Traini, 32 anni, recluso nel carcere di Barcaglione di Ancona dopo essere sceso per le strade di Macerata e aver ferito a colpi di pistola sei migranti, il 3 febbraio 2018, crimine per il quale è stato condannato in via definitiva a dodici anni. In carcere, Traini ha partecipato a un poetry slam - una gara poetica dove gli autori salgono su un palco e interpretano i propri versi, una sorta di spettacolare sfida come quelle tra rapper ma senza la musica - e si è classificato terzo, dietro due poeti toscani professionisti, già attivi nel circuito degli slam.

La gara è stata organizzata nell'ambito di un laboratorio di poesia, "L'ora d'aria", organizzato dall'associazione non-profit "Nie Wiem", e si articola in tre incontri preparatori, seguiti dalla sfida tra detenuti e poeti, tre minuti ciascuno. I vincitori sono decretati da una giuria popolare, composta da altri detenuti. Ora per Traini c'è la possibilità di partecipare alle finali regionali del campionato nazionale della Lips, Lega italiana poetry slam. Non abbiamo avuto modo di leggere o ascoltare le poesie di Traini, quindi non possiamo giudicarne in alcun modo la qualità, ma non possiamo che nutrire una sorta di speranza, più che in lui, nelle capacità trasformative e vorremmo anche dire redentrici della poesia. Redenzione, certo, è una parola impegnativa. Mette in campo concetti assoluti e vertiginosi come il bene e il male, e occorre sempre ricordarsi che accanto alla giustizia degli uomini, c'è, come ideale, la giustizia di Dio: «Mia sarà la vendetta» si legge nella Bibbia. Però il fatto che un tipico estremista di destra, con la testa infarcita di tutta la paccottiglia consueta - mitologia nordica, rozzo superomismo, esaltazione della forza fisica e della violenza - ora si senta «calmato dai libri», come afferma lo scrittore Valerio Cuccaroni, che da anni segue Traini nel percorso rieducativo, e apprezzi un romanzo moralmente tormentato, ambiguo, con pochissime certezze come "Lo straniero" di Camus, e la poesia potente ma al tempo stesso sottile e delicata come i fili di una ragnatela di T.S.

Eliot ed Eugenio Montale, induce, dicevamo, a sperare. Sperare in cosa? In un riesame critico, profondo, radicale, in Luca Traini, della formazione e delle idee che l'hanno portato a sentirsi eroico, superiore, come si sentiva lo studente protagonista di "Delitto e castigo" di Dostoevskij, al punto di impugnare una pistola e sparare su coloro che considerava, nella sua esaltazione xenofoba, inferiori. Delitto e castigo: nel grande romanzo, alla fine, il protagonista capisce il suo errore e che deve pagare, accetta la pena inflittagli e riconosce che soltanto scontandola potrà maturare e trovare una relativa pace con se stesso. La poesia può essere quel luogo miracoloso in cui le forze oscure che ogni uomo ha dentro di sé, le frustrazioni, il ricordo amaro dei fallimenti e delle umiliazioni, tutto ciò viene sublimato, come per un'operazione alchemica, e il piombo diventa oro.

L'aggressività e l'odio, passando per l'alambicco poetico, si possono convertire in un'energia vitale, positiva, e, invece di restare un vile mezzo di distruzione, ambire al compito ben più alto, e autenticamente eroico, di gettare, in questo mondo fosco, un barlume di gioia, di serenità, di felicità. Sarebbe retorico suonare melodie d'arpa sulla vicenda di Traini, l'estremista violento che diventa lirico post-montaliano e vince gare poetiche, e ce ne guardiamo bene. Ma non è la prima volta che il fine rieducativo della pena, previsto dalla nostra Costituzione, cui spesso ci si richiama come una vaga utopia, è invece in qualche misura applicato grazie all'arte, alla letteratura, alla poesia. E non è un caso: il motivo sta nel fatto che l'arte e la poesia non colpevolizzano. Che Traini sia colpevole, è un fatto stabilito e sanzionato da un tribunale. Ma la poesia ha a che fare con qualcosa di ancora superiore al concetto pur tremendo della colpa: quello della tragedia. La poesia, da Omero a Eschilo ai giorni nostri, nasce dal dolore, dalla sofferenza, da quella tragedia che è la condizione umana. Il delitto si espia col castigo, la propria tragica condizione di uomini ha bisogno del canto.

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