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Nicola Porro, spinosa teoria sul governo: "Perché la vogliono fare"

Nicola Porro

Hoara Borselli
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È in libreria in questi giorni il libro di Nicola Porro "Il Padreterno è liberale - Antonio Martino e le idee che non muoiono mai", edito da Piemme. Un saggio di 201 pagine che vuole essere una riflessione sul ruolo e il pensiero dei liberali italiani partendo dalla figura di Antonio Martino. Un vero leader liberale, un maestro venuto a mancare mentre si preparava a scrivere un libro a quattro mani proprio con Porro.

Chiedo subito all'autore del libro: Antonio Martino era il figlio di un vecchio liberale storico, Gaetano Martino, ministro negli anni Cinquanta. Ma il liberalismo delle origini della Repubblica è uguale al liberalismo di oggi? È sempre quello di Einaudi?
«Il liberalismo mi verrebbe da dire, e me lo spiega bene Martino, non è una questione soltanto ottocentesca dove si è sviluppato con i suoi grandi pensatori, o novecentesca, in Italia, coni grandi liberali come Einaudi. La faglia che divide la libertà dalle costrizioni è una faglia che è sempre esistita nella storia dell'uomo. Ecco perché il titolo del libro è il "Padreterno è liberale". Nulla di più antico e primordiale del Padreterno ci potrebbe essere nella nostra idea di universo. La tesi dei liberali ed in particolare di Martino, è che se Dio ci ha dotati di libero arbitrio, e cioè della facoltà di negare persino la sua esistenza, oppure di bestemmiarlo, oppure di negarlo in continuazione, se Dio ci ha donato questa libertà, è assurdo che ce la tolgano le organizzazioni degli uomini».

Tutti chiedono ristori e aiuti di Stato. Il mercato sembra non farcela più. La mano invisibile di Smith trema. Il liberalismo è in crisi?
«Il grande insegnamento di Martino, e lo faceva già dagli anni 80, è che lo Stato sta spendendo un botto di soldi e continua a spenderne senza che migliorino le condizioni delle persone più deboli. Il paradosso è che qualcuno dice che il mercato oggi non ce la fa più, ma qualcuno mi deve spiegare come è possibile che si parla di mercato e non di Stato quando quest' anno andremo a spendere 1000 e 100 miliardi di spesa pubblica. Il problema non è il mercato che non ce la fa più. È lo Stato che non ce lo fa più. I cittadini che con le loro tasse danno quattrini ai burocrati che li spendono malissimo...».

Tra liberalismo e socialismo c'è solo incompatibilità o ci sono anche possibilità di alleanza?
«Oggi tutti si definiscono liberali. Il tic è di definire neo-liberali coloro che non ci piacciono perché non abbiamo più il coraggio di dire che i liberali ci fanno orrore. Questo perché il socialismo va poco di moda, non è più sexy come negli anni '70 e '80. Il punto vero è che tra liberalismo e socialismo, a differenza di quanto pensavano i dirigenti del partito liberale negli anni '80, non esiste alcun punto in comune. Questo non vuol dire essere estremisti ma semplicemente realisti. Sono completamente diversi gli approcci e la risoluzione dei problemi».

Martino è stato ministro con Berlusconi, e Berlusconi aveva promesso una rivoluzione liberale. Ti sembra sia avvenuta?
«No, non penso che la rivoluzione liberale sia avvenuta, penso però che il primo Berlusconi, quello del 94, abbia cambiato definitivamente l'agenda della politica in Italia. Qualcuno, prima, poteva immaginare che le tasse fossero un tema così importante nell'agenda politica italiana? Ricordiamoci che fino a Berlusconi si pensava che le tasse fossero buone. A parziale scusa di quella rivoluzione che non c'è stata, e nel libro ne parlo a lungo, c'è da dire che mai come nel primo Berlusconi, essendosi realizzato un vero cambio di regime, ci sia stato un establishment in contrasto col governo».

La proposta economica più forte del centrodestra, sembra la flat tax. Ma nei grandi paesi liberali, a partire dagli Stati Uniti, la flat tax è stata scartata.
«La flat tax è semplicemente una scusa per poter abbassare le aliquote. Anche nella proposta di Berlusconi del 94, come scrive bene Martino nel mio libro, l'idea era quella di fare due imposte che dunque non rappresentano una somma di due aliquote con due grandi scaglioni. Ci sono una marea di flat tax in Italia e non mi sembra che funzionano male, anzi. Penso a quella sugli affitti o a quella sulle rendite finanziarie».

Le peripezie degli ultimi governi conservatori inglesi sembrano dire che il thacherismo è molto lontano...
«In realtà non si può applicare un modello degli anni '80 pari pari al contesto del 2020. Questo è stato il grande errore commesso».

Liberalismo e liberismo coincidono?
«Una delle questioni fondamentali è che le libertà civili senza le libertà economiche non hanno senso e viceversa. La cosa è semplice. Se io ho il passaporto, cioè la libertà civile di uscire dal mio paese, ma non ho i soldi per farlo, della mia libertà civile ci faccio poco. Al contrario, se ho la possibilità di cambiare i miei soldi in valuta estera, ma non mi danno il passaporto, io della mia libertà economica ci faccio altrettanto poco. Liberalismo e liberismo dunque coincidono».

Il liberalismo si pone il problema dei poveri? Come pensa di risolverlo?
«Ovvio che si occupi del problema dei poveri. La differenza tra un socialista e un liberale non sono i fini, ma i mezzi con cui raggiungerli. Il socialista pensa che la fine della povertà si possa ottenere soltanto con la redistribuzione del reddito ad opera dei burocrati. Lo Stato detiene in mano almeno la metà del nostro Pil. E stiamo vedendo cosa succede oggi in Italia. Il liberale pensa che la soluzione derivi dalla crescita dell'economia per tutti quanti. La prima ipotesi è che si creino le risorse per poi venir allocate alle frange più deboli; la seconda è che alzandosi la Marea anche la povertà diventa meno pressante».

Tu dici che Dio è liberale perché ci ha dato il libero arbitrio. Già. Ma se Dio non esistesse, cadrebbe tutto il castello?
«Il problema paradossalmente non è l'esistenza o meno di Dio, ma il tipo di struttura culturale che abbiamo creato intorno alla religione. Anche se Dio non esistesse e fossimo stati noi a costruire, intorno a lui, un sistema di regole, è ben singolare il fatto che in questo sistema di regole abbiamo lasciato agli individui la libertà di scegliere. Possiamo però in ogni caso pensare che l'uomo, all'interno di questa natura, sia dotato di un libero arbitrio, voluto da Dio o da chi per lui. E francamente non capisco perché questo libero arbitrio debba essere compromesso da altri uomini». 

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