Rampini inchioda Zelensky: "Che gli piaccio o no..."
Negli Stati Uniti c'è un pressoché totale sostegno bipartisan all'Ucraina ma "la discesa in campo di Donald Trump metterà in discussione la continuità della politica estera: sull'Ucraina e su Vladimir Putin in particolare. Al di là di quel che pensa l'establishment repubblicano, leale alla Nato, la vena isolazionista del trumpismo è una variabile che il resto del mondo dovrà considerare", avverte Federico Rampini sul Corriere della Sera. Jake Sullivan, capo del National Security Council, la cabina di regìa strategica della Casa Bianca per la politica estera e militare, prosegue Rampini, "è reduce da un viaggio a Kiev dove ha incontrato il presidente Volodymyr Zelensky e il suo ministro della Difesa Oleksii Reznikov".
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Il capo del National Security Council, osserva il giornalista e scrittore, "è anche l'uomo di punta del dialogo 'sotterraneo' con la Russia. Ha contatti regolari con due personaggi cruciali della squadra di Vladimir Putin, i consiglieri di politica estera Yuri Ushakov e Nikolai Patrushev" con i quali ha colloqui "informali e segreti". "Questi contatti ai massimi livelli - conferma Sullivan - devono servire a ridurre i rischi di allargamento del conflitto". Non solo. Il messaggio che gli americani continuano a ripetere è che "qualsiasi utilizzo di armi nucleari sarebbe seguito da conseguenze catastrofiche per la Russia".
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Dall'altra parte, aggiunge Rampini, "a Zelensky viene raccomandato di mostrare apertura al negoziato diplomatico, perché questo è indispensabile anche per tenere unito il fronte occidentale; ma la Casa Bianca non vuole costringere l'Ucraina a fare concessioni. Dove si nota una distanza tra la posizione americana e quella di Zelensky, è sulla figura di Putin. Il presidente ucraino si è rifiutato di sedersi a un tavolo di negoziato con il leader russo che ha voluto l'invasione e che ha ordinato bombardamenti, stragi di civili, attacchi a infrastrutture essenziali come la rete elettrica".