Vittorio Feltri, perché siamo in pericolo: "Drogati, alcolizzati e senza cervello"
Da quando sono nato, anzi da quando ho cominciato a capire qualcosa, sento discorsi relativi ai problemi dei giovani, che naturalmente cambiano col passare degli anni ma restano centrali nel dibattito nazionale. Negli anni Cinquanta spadroneggiavano i teppisti, termine che deriva da teppa, cioè periferia. Si trattava di giovinastri inclini a delinquere, piccoli reati, furtarelli, qualche rapina. Essi furono i primi in Italia ad indossare i jeans allo scopo di imitare gli americani, senza sapere che quel tipo orrendo di pantaloni fu inventato dai genovesi, uno dei quali peraltro scoprì l'America. Se ci pensate è tutto da ridere. Vabbè, ridiamo. Poi arrivarono gli anni Sessanta e dei teppisti non si è più neppure parlato. I ragazzi sono sempre i più svelti ad abbracciare le mode ma sono anche i primi ad abbandonarle per sposarne di nuove. Infatti irruppero sulla scena i sessantottini, imbecilli eccellenti che misero a soqquadro il Paese. Ne combinarono di ogni colore, nelle università e perfino nei licei.
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La loro specialità era l'aggressione dei presunti avversari politici. Nei loro settimanali cortei chi non era manifestamente di sinistra veniva picchiato a sangue. All'epoca io ero cronista e mi toccava raccontare le bravate collettive degli studenti che, per distinguersi, indossavano l'eskimo, un giaccone orribile. Un giorno assistetti a una scena raccapricciante: in via Dante, a Milano, pieno centro, mentre sfilava un corteo di acneici scatenati, un vecchio signore che camminava sul marciapiedi, si fermò all'edicola e acquistò la Notte, quotidiano del pomeriggio diretto da Nino Nutrizio, accusato di essere di destra se non proprio fascista. L'incauto anzianotto, come aprì il giornale, fu circondato da un gruppetto di assatanati, che lo colpirono anche in testa con le chiavi inglesi, e rimase sanguinante a terra. Usava così. Era il costume dell'epoca. Come sempre avviene, molti genitori infatuati dai figli, ne adottarono i costumi soprattutto di tipo ideologico.
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L'Italia si trasformò in una grande macelleria in cui ogni giorno qualcuno veniva assassinato dai progressisti di allora in base al senso di uno slogan di successo. Questo: fascisti e borghesi ancor per pochi mesi. Il nostro povero Paese fu trasformato in una specie di succursale del socialismo spietato di marca sovietica. Il conto delle vittime dei comunisti e similari ora mi sfugge, ma furono centinaia. Uno dei primi a rimetterci l'osso del collo fu il famoso commissario Calabresi, stecchito da una banda di Lotta continua, i cui membri migrarono quasi tutti in Francia, che li ha protetti e ancor li protegge dalla nostra legge. Hanno vissuto in libertà e in libertà sono invecchiati. A quei tempi i terroristi, gli assassini politici, erano equiparati a eroi.
La mattina in cui fu rapito Aldo Moro mi trovavo in un teatro di Bergamo dove si svolgeva una riunione sindacale. Allorché l'altoparlante annunciò che il presidente della Democrazia Cristiana era stato sequestrato, in sala scoppiò un applauso in segno di approvazione. L'unico a non battere le mani fui io, raggelato. Questo era il clima prodotto dai nostri cari ragazzi capaci di coinvolgere nei loro deliri rossi una larga fetta di opinione pubblica.
Non dico che adesso stiamo rivivendo una riedizione parzialmente corretta delle porcherie post sessantottine, semplicemente verifico che la mentalità distorta delle masse giovanili non è di molto cambiata, almeno nella sostanza. Ogni sera a Milano, Roma e in altre città, anche piccole, va in scena la violenza. Bande di deficienti, tra cui molti immigrati, si scontrano con brutalità e qualcuno ci lascia le penne nella indifferenza generale. Siamo di fronte a gente scatenata e priva di cervello che, abusando di droghe e alcol, perde la ragione e sfoga così i propri istinti peggiori. Polizia e carabinieri intervengono timidamente per non allarmare troppo i politici libertari che difendono o addirittura giustificano coloro che brandiscono coltelli come fossero giocattoli. Alcuni giorni fa, in Emilia, si è svolto un raduno di sbandati, imbottiti di stupefacenti, che hanno occupato un terreno e un edificio non di loro proprietà.
Giustamente il governo Meloni è intervenuto per sciogliere l'assembramento illegale e da parte progressista si è sviluppata una protesta in difesa degli usurpatori, quasi fossero angioletti riuniti in preghiera. Uno scandalo. Pochi giorni prima all'università La Sapienza di Roma si stava svolgendo un convegno organizzato da un circolo di ex radicali, non certo comunisti, ebbene sono intervenuti i soliti rossi rendendo impossibili i lavori. Certamente gli atenei sono dominati dagli intolleranti armati di falce e martello. La libertà è un monocolore, indubbiamente rosso. A cui i giovani sono molto affezionati al punto da combattere, tra gli applausi del Pd, i cittadini che sono autenticamente democratici.