Piero Angela, profezia-choc nel libro postumo: ecco cosa ci aspetta
Di seguito, pubblichiamo un capitolo del libro "Dieci cose che ho imparato", firmato da Piero Angela ed edito da Mondadori dopo la morte del grande giornalista e divulgatore, avvenuta lo scorso 13 agosto. L'uscita in libreria è prevista per il 25 ottobre.
IL CERVELLO
LA MACCHINA CANNIBALE
Nell'attuale panorama tecnologico, si vedono moltissime nuove cose, alcune davvero straordinarie: apparecchi che traducono in qualunque lingua imitando la voce di chi parla, auto che si guidano da sole, macchine che fanno diagnosi mediche, stampanti 3D che partendo da cellule staminali si propongono di stampare organi umani, ecc. Ma la cosa più impressionante che ne consegue, ha un nome ben conosciuto: rischio di disoccupazione. Questo perché le macchine prenderanno sempre più il posto degli uomini. Abbiamo visto come, nel corso dell'ultimo secolo, nei lavori agricoli siano entrate sempre più macchine, che hanno ridotto verticalmente il numero dei lavoratori nei campi.
La stessa cosa è avvenuta (e si sta accentuando) anche nell'industria, dove l'automazione ha fatto sì che negli stabilimenti sia possibile fare a meno di un numero crescente di operai a parità di prodotto. Basta visitare una grande azienda automobilistica per rendersi conto della quantità di operazioni che oggi riescono a svolgere i robot. E la nuova rivoluzione che dobbiamo attenderci avverrà in quei lavori dove le macchine e i robot non erano ancora entrati: in particolare i lavori tipici degli impiegati. Lo si vede già negli sportelli bancari. I computer hanno diminuito il numero degli addetti; non solo, ma sempre più clienti compiono ormai le loro operazioni direttamente in rete.
Attraverso Internet si può accedere a qualunque dato o informazione (superando in questo le enciclopedie). Uno studio di avvocati, per esempio, può consultare ed elaborare molto più rapidamente, e con meno personale, la documentazione utile per un processo. I viaggi vengono sempre più prenotati online, marginalizzando il ruolo delle agenzie. Le librerie, dal canto loro, vedono molti clienti preferire i libri elettronici (libri per i quali non esistono costi di stampa, spedizione, distribuzione): negli Stati Uniti (e non solo) molte librerie tradizionali stanno chiudendo.
Le perturbazioni riguardano anche il mondo dell'informazione: i giornali stampati, in particolare, sono stati affiancati da quelli virtuali.
Persino i call center cominciano a subire la concorrenza del digitale: certi servizi sono svolti da segreterie automatiche. Ci sono addirittura programmi che scrivono brevi articoli sulla giornata in Borsa o sui risultati sportivi a partire dai dati forniti. Ma un altro rivoluzionario sviluppo è quello che riguarda il commercio elettronico.
Come si vede, c'è il rischio di perdita di posti di lavoro in molti settori che una volta sembravano sicuri. Uno studio (a dire la verità abbastanza controverso) dell'Università di Oxford ha previsto, qualche anno fa, che nel giro di una ventina d'anni quasi il 50% dei lavori potrebbe essere svolto da sistemi automatici.
I NUOVI POSTI DI LAVORO
Questi cambiamenti, tuttavia, creeranno anche nuovi posti di lavoro. Soprattutto, però, nella fascia alta. Ci sarà grande richiesta di tecnici, ingegneri, creativi, specialisti. Cioè di cervelli capaci di utilizzare le nuove tecnologie e di inventare applicazioni originali nel loro campo specifico. Saranno i creatori di software a essere alla base del successo di un'azienda, ma anche di un paese. E saranno proprio i paesi con la maggior concentrazione di cervelli di questo genere a risultare vincenti. Anche se molti posti di lavoro nella fascia bassa, dal giardiniere alla parrucchiera, dalla badante al cameriere, non saranno facilmente automatizzabili. Quello che sembra emergere è un rischio maggiore per i lavori della fascia media, come i bancari, che essendo più di routine si prestano maggiormente a essere automatizzati.
Molti economisti ritengono che la grande efficienza generata da questo nuovo modo di produrre nella fascia alta potrà essere il volano della crescita occupazionale, con un "rimbalzo" di posti di lavoro e un "indotto" anche nelle fasce più basse. Nei paesi dove l'automazione è più avanzata, infatti, come Stati Uniti o Germania, in realtà la disoccupazione è più bassa. Si prevede inoltre che aumenterà il divario retributivo tra coloro che "salgono sul carro" delle nuove tecnologie e coloro che ne resteranno fuori. Per la prima volta sarà colpito, da questo tipo di sviluppo, il "ceto medio". Tuttavia, c'è anche una versione più ottimista di questo cambiamento, che è quella classica: la moltiplicazione dei beni e dei servizi creerà una società globalmente più ricca di cui beneficeranno tutti.
In realtà oggi nessuno riesce ancora a prevedere a quale tipo di evoluzione porterà questo cambiamento. Con ogni probabilità non sarà uguale in tutti i paesi. Ma la preoccupazione principale riguarda proprio le conseguenze a cascata della disoccupazione; infatti, se una persona non lavora e non ha reddito, non può essere un consumatore, e neppure un contribuente. Quindi a chi si venderanno i beni e i servizi prodotti così efficientemente? Alcuni ritengono che questa nuova situazione farà sì che chi non raggiungerà un reddito minimo riceverà, come in un sistema di vasi comunicanti, la parte di reddito mancante. Un reddito "sociale" che possa anche sostenere i consumi. Quello che non si potrà fare, comunque, è pensare di poter fermare il progresso delle tecnologie o competere con esse. Come molti economisti dicono, oggi la corsa non può essere contro la macchina, ma insieme alla macchina. Per fare questo, però, occorre un livello educativo, cioè cerebrale, adeguato. Oggi non bastano poche intelligenze individuali, occorre un'intelligenza di sistema. Tanto più in una società come la nostra dove il cervello si è ormai "esteso" alle macchine e in cui questo intreccio tra cervello e tecnologie, che era già cominciato con la scrittura e il calcolo, diventa sempre più fitto.