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Gianni Agnelli, "solo lui...": Montezemolo, la rivelazione svela la fine dell'Italia

Luca Cordero di Montezemolo

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È tempo di bilanci per Luca Cordero di Montezemolo, intervistato, in vista dell'assemblea dell'Unione industriale torinese che si tiene in questi giorni, dal Corriere della Sera. L'ex presidente di Fiat e Ferrari ricorda Sergio Pininfarina e l’avvocato Gianni Agnelli con la nostalgia per un tempo che gli appare ormai lontano. Cioè quello di una Torino capitale italiana dell’industria automobilistica. Montezemolo afferma che la città “è triste” e che “mancano figure di riferimento, proprio come l'avvocato Agnelli e Pininfarina. Ma non è solo la mancanza di figure carismatiche a essere il motivo del declino di Torino nel settore, la città soffre anche l'assenza di grandi aziende italiane. "Le due cose - per Montezemolo - vanno a braccetto. Tengo a ricordare che ci sono stati solo tre presidenti di Confindustria espressione del territorio: l'avvocato Gianni Agnelli, Sergio Pininfarina e il sottoscritto. Tutti esponenti di un mondo che viaggiava a motore e della grande filiera industriale dell'automotive. E non a caso durante la mia presidenza in viale dell’Astronomia ho voluto come vice Andrea, figlio di Sergio, un visionario e industriale vero come il padre".

 

 

 

Sul presente, dunque, l'imprenditore traccia un quadro piuttosto critico. "Non esiste più l'auto italiana. Resta solo la Ferrari. A Torino poco o niente”. E a proposito della Fiat a Mirafiori dichiara: “È un gruppo francese, non italiano. Il design che ha prodotto il nostro Paese è stato e continua ad essere, anche se non più nell'auto, un valore culturale". Eppure, forse, non è tutto perduto. La leadership si può ricostruire, non solo quella industriale, ma anche a livello di territorio. E il consiglio di Montezemolo in questo senso è, ancora una volta, un omaggio al passato. "Se penso a Sergio mi vengono in mente tre cose, tutte collegate al suo modo di lavorare. Era innovativo, sempre. Anche quando si confrontava con marchi storici come Ferrari. Aveva un’attenzione maniacale ai dettagli: non potete immaginare quante ore siamo stati a guardare e riguardare i particolari degli interni come degli esterni. Terzo: l’originalità. Lui era il brand dell’azienda. Unico e inimitabile. Questo è il modo in cui matura la leadership". 

 

 

 

 

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