Giuliano Ferrara, la profezia su Putin: "Come si può suicidare"
Giuliano Ferrara come tutti è "tormentato" "dall’ansia nucleare" ma è convinto che il rischio che Vladimir Putin ricorra a una bomba atomica sia di fatto piuttosto basso per una ragione molto semplice, allo zar non conviene. "L’allarme sale di livello e comincia a investire noi, gente comune, per quanto lontani dal teatro degli scontri diretti ma sempre più connessi alla sua riproduzione via social, con le immagini a rullo continuativo al posto del vecchio uso ponderato e gerarchico della parola scritta e dell’analisi". In questo scenario, scrive l'Elefantino su Il Foglio, "l'unica cura" è "essere realisti.
Quindi cita Walter Russell Mead, politologo e storico di peso della scuola conservatrice americana, che sostiene che "di fronte alla retorica nucleare del Cremlino ora gli Stati Uniti devono drammatizzare il rischio, […] minacciare apertamente conseguenze esiziali nel caso di un primo colpo russo". E Marta Dassù, secondo la quale "alla deterrenza efficace basta quanto già riservatamente comunicato sulle conseguenze di un’iniziativa nucleare russa, l’immediata distruzione (con armi convenzionali) dell’esercito e della marina nel Mar Nero, perché il first strike atomico semplicemente non conviene al regime di Putin, non supplisce al guaio in cui si è cacciato nella condotta della guerra convenzionale, anzi, sarebbe un suicidio nucleare programmato che, se realizzato, non determinerebbe risultati militari importanti e condannerebbe la Russia a un grado intollerabile di isolamento conducendo il regime a una crisi senza sbocco".
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Queste due tesi, osserva ancora Ferrara, "hanno argomenti dalla loro, e sono da valutare con attenzione. Si può pensare che la bilancia penda di più in favore della tesi scettica di Dassù perché l’uso del nucleare ha un senso, se si possa parlare di 'senso' in questo caso, solo a condizione che sia risolutivo, che la sua forza di intimidazione metta in ginocchio il nemico". Proprio "come avvenne con Hiroshima e Nagasaki, e non avverrebbe con una atomica tattica su terreno ucraino, per un motivo semplice da afferrare: la condizione dell’occidente non è paragonabile a quella del Giappone alla fine della guerra mondiale".