Fabrizio Masia su Berlusconi: "TikTok un bel colpo"
«Credibilità, coerenza, novità. Sono state queste le chiavi che hanno permesso a Giorgia Meloni di vincere e di attrarre una parte importante dell'elettorato leghista. Negli indicatori di fiducia oggi la leader di Fratelli d'Italia è quasi al doppio di Matteo Salvini. Ora è lei, per usare un'immagine, il pifferaio di Hamelin del centrodestra». A una settimana di distanza, a bocce ferme, chiediamo un'analisi dettagliata del voto a Fabrizio Masia, a capo dell'istituto Emg, e uno dei sondaggisti più cercati dai politici prima, dopo e durante le campagne elettorali.
Prima che cadesse il governo "Chi tocca Draghi muore". Invece FdI, unico partito d'opposizione, ha stravinto e i 5 Stelle e Forza Italia hanno raggiunto gli obiettivi. Come si spiega?
«Bisogna analizzare i numeri. Quando Draghi è caduto il suo consenso su tutto l'elettorato potenziale era del 50%, e questo intanto ci fa dire che una metà non lo sosteneva o non si esprimeva. Altro elemento: l'affluenza alle urne è stata del 64%, e il 44% di chi ha votato ha scelto il centrodestra. C'era uno spazio molto grande per intercettare tutto quello che non rientrava nella cosiddetta "agenda Draghi". La Meloni ha preso il 26 di quel 60% di votanti. Però non dimentichiamo che il primo partito è stato quello dell'astensione».
È gente che avrebbe votato Draghi o che comunque ha scelto di non votare per protestare contro la fine anticipata del suo mandato?
«Solo in parte. Torno a dire che sia a destra che a sinistra lo spazio era enorme: in questo senso i più bravi sono stati la Meloni e Giuseppe Conte, che hanno capito come posizionarsi in modo preciso sulla sinistra e su determinati temi come il reddito di cittadinanza che gli avrebbe garantito almeno il 10%, poi il salario minimo e il superbonus. Ha sottratto temi a Enrico Letta, e infatti una fetta consistente dell'elettorato di centrosinistra non si è riconosciuto nel segretario del Pd, soprattutto nelle periferie delle grandi città».
Ecco, Letta. Come giudica la sua campagna elettorale?
«Un suicidio annunciato: ha sbagliato tutto o quasi sia comunicativamente che politicamente».
La Lega deve tornare a occuparsi di Nord per recuperare voti?
«Sarebbe un errore. Quando parlavano solo al Nord non superavano il 10%. Dopo che hanno tolto la parola "Nord" dal nome del partito sono saliti al 17 alle politiche del 2018 e addirittura al 34% l'anno dopo alle europee. In questo Salvini è stato abilissimo».
Ora, però, sono sotto al 10...
«Certo, ma se l'obiettivo è tornare a crescere la Lega non può tornare indietro: significherebbe arroccarsi. Se torna a parlare solo al Nord probabilmente consolida quel 9-10%, ma per allargare di nuovo il consenso serve che si rivolga anche al centro e al Sud, dove vota il 55-60% dell'intera popolazione».
Cos' ha sbagliato Salvini?
«Da una parte, ma questo si sa, ha pagato l'andamento ondivago del partito. Prima ha governato coi 5 Stelle e poi assieme a tutti gli altri, tranne Fratelli d'Italia, con Draghi. Dall'altra aveva esaurito la spinta sui temi forti che in passato sono stati la sua fortuna: l'immigrazione, "Quota 100" che riguarda 16 milioni di pensionati, la flat tax per 2 milioni di partite Iva. Poi non ha pagato lo slogan "Credo": in un momento così difficile per la gente, in cui l'attenzione è catalizzata sui tanti problemi quotidiani, gli elementi valoriali passano in secondo piano».
Sorpreso dal risultato di Forza Italia?
«No. Berlusconi affascina ancora un'importante quota di elettorati, soprattutto quelli più avanti con l'età. Inoltre ha capito che doveva inventarsi qualcosa per intercettare il voto dei ragazzi, che altrimenti non avrebbe mai avuto, e ha trovato il modo migliore per farlo. Tik Tok è stato un bel colpo».
Ha influito?
«Eccome. Berlusconi deve aver pensato: "Mi prenderò l'80% di insulti e prese in giro, ma l'altro 20 me lo porto a casa perché mi troverà propositivo, simpatico, alla moda". D'altronde se uno non ci prova mai non raggiunge i risultati».
Quanto gli ha sottratto Calenda?
«Ho appena finito di analizzare i flussi, e a me risulta che Azione abbia preso l'1% a testa da Forza Italia e Lega, e lo 0 virgola dalla Meloni. In termini relativi è stato il partito che ha intercettato di più chi si è astenuto alle Europee: il 18%. Il 10% dei suoi voti Azione li ha presi dai 5 Stelle, il 45 dal centrosinistra e in particolare dal Pd»
Ha margine di crescita?
«Se il Pd si riavvicinerà a Conte può essere che i più moderati convergano proprio su Calenda».
Il Pd deve cambiare nome, ripartire dai temi, o trovare un leader carismatico com' era il primo Renzi?
«Intanto ha preso il 19%, che non è poco come base elettorale, quindi un'eventuale scissione non avrebbe senso».
Siamo tutti incazzati per le bollette alle stelle e il costo della vita che continua a salire: paga ancora in politica definirsi "moderato"?
«Per i moderati c'è uno spazio superiore al 20%. Ma un conto è essere moderati nel metodo, un altro nella comunicazione: quando si è credibili si possono usare anche toni più accesi: è così che si trascina la gente».