Giuliano Ferrara demolisce Enrico Letta: "Ultimo nella vita"
Giuliano Ferrara ha le idee chiare e dà una lettura accurata degli scenari post-voto. In un editoriale su IlFoglio, Ferrara parla della sconfitta di Letta, di quel segretario dem che lui stesso aveva sostenuto: "I dati dicono che Pd, grillozzi e calendiani, sommati, hanno avuto più voti del centrodestra. Il povero e onesto Enrico, primi della classe ultimi nella vita, ha ammesso che la sconfitta viene dal mancato formarsi di un campo largo e competitivo, attribuendo la responsabilità del disastro ai grillozzi e a Calenda. D'altra parte tutti hanno fatto finta di non sentire ma Berlusconi, tra una minchiata e l'altra, come al solito l'aveva vista giusta, perché è tutto tranne che un moralista: vinceremo, aveva detto, perché il Pd e i grillozzi non si sono messi insieme, punto".
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Poi arriva l'affondo: "La realtà, non controfattuale, è che Pd e M5S erano uniti fino a un minuto prima di disunirsi, e solo la libidine autolesionista li ha spinti a cercare ciascuno un'identità opposta a quella dei potenziali alleati nella battaglia decisiva dei collegi maggioritari. Il Pd aveva governato con i grillozzi sia con il Bisconte sia con il governo Draghi, e predicava il campo largo anche con qualche enfatizzazione strategica inopportuna. A un certo punto Conte ha cercato un suo spazio, sulla questione dell'inceneritore e della famosa agenda sociale, e Draghi lo ha scaricato perché ne aveva piene le palle, comprensibile. Il Pd però le palle doveva contarle alle elezioni, e gli sarebbe convenuto un accordo tecnico nei collegi, che avrebbe consentito per il proporzionale di mantenere ciascuno un suo profilo, salvo farlo contare per via dell'affiliazione maggioritaria".
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Poi l'Elefantino analizza anche il risultato del centrodestra che ha vinto le elezioni: "Il centrodestra era diviso molto di più del centrosinistra o come volete chiamare l'accozzaglia anti Meloni, chi al governo e chi all'opposizione, da cinque anni: ci ha messo un nanosecondo a scaricare la divisione identitaria e ad abbracciare lo spirito della legge elettorale con il quale si dovevano fare i conti, ovvio, e ciascuno di loro ha pagato un prezzo, ma vanno al governo, che sarebbe forse anche lo scopo delle elezioni politiche". Infine una rilfessione su Calenda: "Non parliamo poi dell'ottimo Carlo Calenda. Lui aveva addirittura teorizzato la necessità stringente della coalizione, aveva firmato un patto solenne in quel senso con il Pd...Non è che non potevano unirsi per contendere i collegi a quelli che erano divisi (e che invece si sono uniti fulmineamente per lo stesso obiettivo), è che si sono disuniti per una libidinosa volontà di autocastrazione che sarà studiata nei manuali di politica per generazioni. La destra, tranquilla e divisissima, aveva tre o quattro identità o linee e le ha fatte convergere nel maggioritario dei collegi, che ha preso quasi tutti, lasciando spazio all'egotismo nel proporzionale, e menando il centrosinistra. Gli altri no, hanno fatto l'inverso. E sono stati menati. Non è più complicato di così".