Se il Pd riparte da Elly Schlein... Un cinepanettone da opposizione
Dunque il Pd ricomincia da Elly Schlein, vicepresidente della Regione Emilia Romagna e candidata di spicco della lista-scioglilingua "Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista" (potevano scriverlo tre volte, quattro volte, "democratico": vedi mai che tirava su i sondaggi). E se c'era bisogno di una riprova del fatto che il centrocomunista non ha da opporre alla controparte un bel nulla, se non un vacuo identitarismo da cinepanettone democratico, appunto, eccola qui: la via lesbo-arcobaleno al progressismo autunno-inverno 2022.
A impostarla in questo modo sono loro, è lei, che contro le rivendicazioni materno-cristiane dell'avversaria adopera lo slogan da telenovela open minded «Sono una donna, amo una donna», che è insieme superfluo e insufficiente per preferirla all'altra e conduce soltanto alla domanda essenziale: e chi se ne frega? Salvo forse che in qualche poco determinante centro anziani in cui si sospira sul mondo andato a rotoli per colpa dei capelloni e della minigonna, infatti, un elettore che non vota per una candidata perché è omosessuale verosimilmente non esiste, e che non esista è ovviamente una buona cosa.
E allora non si capisce per quale motivo mai il curriculum sessualmente orientato dovrebbe dire qualcosa di apprezzabile sulla presentabilità politica di una persona e non ridursi, piuttosto, a quel che è: vale a dire soltanto un'altra specie di populismo in versione Erasmus, un'etichetta (ma auto-imposta) sul solito pacco di fesserie della solita sinistra che a Dio-Patria-Famiglia oppone Fedez-Greta-Zan, e all'avvento delle destre pericolose la guarentigia democratica del Sabato Progressista.
Il tutto, ma guarda un po', nel preannuncio della seconda stagione dell'affascinante avventura con i 5Stelle del Professor Graduidamende, quello con cui a sinistra son certi di andare d'accordo dalla A alla Z sugli interscambiabilissimi programmi di grassazione e redistributivi che sono il nerbo trasversale dei garanti dell'Italia statalista e parassitaria.
Quando dice, a proposito delle donne, «non siamo uteri viventi, siamo persone», Elly Schlein avrebbe perfettamente ragione: avrebbe, perché il guaio è che in controluce la sua alternativa non è una raccomandabile compostezza civile asessuata,mala preminenza morale degli “uteri di sinistra”, una roba di cui,francamente, uno (e si spera anche una) farebbe volentieri a meno.
Il problema di questi qui resta sempre lo stesso anche con l’innesto di queste qui, e cioè che al possibile difetto liberale altrui oppongono il sicuro, ma moltiplicato, difetto liberale loro, con il reddito da 25 Aprile e il diritto acquisito all’endorsement della stampa coi fiocchi, con il comizio legittimato in coming out e con le aule sorde e maschiliste finalmente aperte al bivacco dei manipoli Lgbtq.
È una sinistra parecchio convenzionale quella che pretende di riformularsi in una specie di laburismo sindacal-ecologista che mette in Costituzione l’obbligo gay friendly e tanta galera democratica per chi fa il saluto sbagliato. Parecchio convenzionale e soprattutto parecchio vecchia, se al posto dei lucertoloni che andavano in pellegrinaggio a Mosca presenta i virgulti che in piega sessualmente corretta ne continuano in purezza la tradizione.