Marco Damilano? Come e perché è entrato in Rai: si capisce tutto...
Un giorno tutto questo sarà tuo, deve avergli detto Carlo Fuortes quando Marco Damilano ha firmato il succulento contratto con la Rai. Si era chiusa una porta, si è aperto il classico portone. Il protagonista dell'ennesimo scivolone in Rai è rimasto pochissimi giorni disoccupato. Per ben 21 anni ha lavorato all'Espresso, di cui è stato anche direttore. Un mattino ha preso carta e penna e si è dimesso «per difendere la democrazia». Aveva già l'accordo in tasca con viale Mazzini? Accà nisciuno è fesso.
La missione a difesa "della democrazia" ha deciso di portarla in Rai. Prima lo pagavano i lettori dell'Espresso, ora i cittadini italiani che versano in bolletta il canone. Le voci di dentro raccontano del paracadute rosso che è stato immediatamente trovato per Damilano, cose che capitano ai giornalisti più fortunati e "de sinistra". Da questo punto di vista le orecchie più sensibili sono proprio quelle di Fuortes, che la destra la usa solo a tavola per pranzare.
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A pensarci bene è difficile trovare in circolazione giornalisti costretti a dimettersi da un settimanale, fazioso ma autorevole. In genere si sconta una discreta quarantena. Lui no, ha subito trovato posto. E che posto, ben retribuito. Nessuno gli ha fatto il conto di quanto gli manca alla pensione, né lo hanno invitato a ridimensionare le pretese economiche. Probabilmente Salvini si riferiva anche a lui quando a Pontida ha parlato dei superstipendi Rai. Per Damilano si favoleggia di 200mila euro l'anno. Mille a puntata per una trasmissione che dura una decina di minuti. Che facciamo oggi? Reddito di militanza. Ma forse le stelle cadono anche alla Rai, se persino l'Usigrai lo spernacchia. Un altissimo dirigente Rai parla di fuoco amico e ha ragione. Damilano è mollato pure dai compagni, quelli invidiosi.
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La nota del sindacato rosso - più rosso di lui? - è intinta nel veleno: «E pensare che il conduttore, scelto all'esterno dell'azienda nonostante si potesse contare fra quasi 2000 profili interni, era stato presentato dall'ad Carlo Fuortes come "il giornalista più adeguato" per "informare, fornire strumenti conoscitivi, restando fedeli al sistema di valori aperto e pluralista che il nostro Paese e l'Europa hanno saputo sviluppare in questi decenni". Ci chiediamo - dicono i giornalisti - dove fosse il pluralismo nella puntata di lunedì». Ma ora, nel suo curriculum Da milano può aggiungere anche il peso delle parole del presidente della commissione parlamentare di vigilanza Rai, Barachini, che gli ha dato palesemente dell'incapace: «Non solo è stato incapace di arginare la violenza verbale del suo ospite, ma ha contribuito alla distorsione del dibattito con la sua premessa e con domande tendenziose». Amen. Male che va un amico gli resta, Carlo De Benedetti, che lo ha nel cuore e nel portafoglio. Il quotidiano Domani ha un nuovo mensile di riferimento, curato proprio da Damilano. Ma dove lo trova il tempo?