Luigi Bisignani, lo scoop: in una lettera, il segreto inconfessabile di Andreotti
Per Giulio Andreotti "Carlo d'Inghilterra non è affatto il picchiatello sfottuto dalla satira, anzi mi hanno impressionato la sua sensibilità per l'ambiente e per l'architettura dei territori. Sempre che la mamma lo lasci fare...". I suoi rapporti con Elisabetta II, scrive Luigi Bisignani su Il Tempo, "furono sempre molto cordiali e accomunati da una grande passione: l'ippica. Nei suoi diari, Andreotti ricorda di quando, a Buckingham Palace, la Regina gli raccontò quanto le fossero cari i cavalli e di quanto fosse triste perché un puledro di un anno, il migliore di un lotto, era stato abbattuto il giorno prima. Sull'onda dei ricordi, imperdibile il nuovo libro, in uscita il 22 settembre, di Giulio Andreotti Cara Liviuccia. Lettere alla moglie, pubblicato da Solferino: una straordinaria storia d'amore, iniziata in un Cimitero, vissuta in simbiosi per ben 68 anni e raccontata, tra il 1946 e il 1970, attraverso corrieri e lettere scritte con la stessa tempestività e frequenza degli attuali WhatsApp, a cadenzare i momenti della giornata".
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Come scrive Giuseppe De Rita "in una prefazione da antologia, queste lettere testimoniano che egli poteva anche compiacersi della «sua grazia di Stato», ma nell'agostiniano «interior intimo meo», il centro della sua vita è sempre stato il rapporto coniugale con Livia. Ma anche se nelle missive vergate nei momenti liberi, con certosina ricchezza di particolari minimalisti, si passa dagli ottimi risultati scolastici dei figli ai lavori in casa, da De Gasperi a Segni, da Papa Montini a de Chirico, dal Consiglio dei Ministri ai vertici Nato, ai viaggi in mezzo mondo, qual è, da sempre, il sale dell'amore?
La gelosia. Ed ecco che Giulio tranquillizza la sua Liviuccia in vacanza mentre lui trascorreva l'estate a Roma, tra impegni pubblici, privati e raccomandazioni", aggiunge Bisignani.
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Nel 1961 Andreotti scriveva: "Ieri sera al telefono mi sembravi un po' "sostenutina" con la minaccia di far, non ho ben capito che, in rappresaglia a non so bene cosa avrei fatto io. Ma è segno di affetto per me e me ne pavoneggio". E ancora, nel 1946 spiegava alla moglie, spesso chiamata "Cara Ostrica", di alcune seccature "tra le quali il trasferimento di un commissario di polizia al quale la moglie mette le corna. Di che cosa mai ci si deve occupare". Oppure, quando nel 1947: "Ho avuto un'eccezionale visita di omaggio: la Magnani. Le solite fotografie...".