Enrico Letta ridicolizzato da Mastella: "Occhi della tigre? Un animale che..."
«Il centro rischia di essere un'incompiuta». È leggermente rammaricata la voce di Clemente Mastella, sindaco di Benevento, leader di "Noi di centro", quando commenta con Libero le evoluzioni in quel polo virtuale alternativo al centrodestra e al centrosinistra che, però, pare non si riesca a fare.
Il cantiere non ingrana.
«Purtroppo è così. È diventato un cantiere che non finisce mai, come la cattedrale di Barcellona».
Motivo?
«La vanità di alcuni personaggi che dovevano essere i "costituenti" del centro. Vedo solo logiche partitiche di piccolo cabotaggio. Laddove questi piccoli interessi di bottega e alcune vanità di troppo dovessero essere messe da parte, ancora ritengo con il mio naso politico, che ha quasi sempre funzionato, che quest'area di centro superare può agevolmente il 10%».
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Il Pd, che ha chiuso definitivamente con il Movimento 5 Stelle, sta promuovendo un'interlocuzione con Matteo Renzi e Carlo Calenda. Come la vede?
«Vedo alti e bassi in questa cosa. Io faccio l'osservatore né attento né distratto. C'è un principio base: la partita te la puoi giocare con una squadra di 11 componenti. Ma se invece vai in campo con metà giocatori, e magari qualcuno puro azzoppato, poi vince l'altra squadra. Calenda, che a giorni alterni è insofferente alla logica di sinistra, e non accetta di essere nell'ambito di una collocazione più estesa, sa molto bene che da solo prende più voti. Ma da solo prende anche meno seggi, per via delle legge elettorale».
Letta aveva scommesso tutto sull'alleanza del M5S. Però poi il progetto è tramontato e il segretario Pd si è trovato in mezzo al guado. Come ne esce?
«Innanzitutto, se io fossi Letta, utilizzerei al meglio, per competere nei collegi, le potenzialità che ci sono sul campo. Guardando non da Roma, dove spesso gli effetti ottici riproducono le cose in maniera non fedele.Ma facendo riferimento alle realtà locali. La territorialità, che è stata dimenticata anche con leggi elettorali assurde, è l'unico elemento che può fare la differenza, soprattutto al Senato. Accadde nel 1994 e nel 2006».
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Letta agognava ad uno "schema Prodi" aggiornato. Come vede, ora, la sua leadership?
«La rottura con i 5Stelle non è colpa sua, ma se non mette assieme tutti, e perde, il giorno dopo è un ex segretario. Deve tenere insieme tutti, simpatici, meno simpatici. In questo modo, nessuno potrebbe imputargli nulla».
Letta ha coniato uno slogan, "gli occhi della tigre". Gli si addice?
«Le tigri sono animali in via di estinzione, quindi di occhi della tigre in giro non se ne vendono più tanti. Comunque, la tigre deve fare la tigre sempre, sia quando ha fama, sia quando non ha».
Nel frattempo, ecco le prime boutade sui collegi. Si vociferava Di Maio a Modena, poi lui ha smentito...
«Calare candidati all'improvviso in territori a cui sono estranei allontana i dalla cittadini politica. È come se negli Stati Uniti per il seggio senatoriale del Maine fosse schierato uno che sta in Alaska. Ognuno deve giocare la sua partita sul proprio territorio. Ci sono poche eccezioni a questo, tipo segretario di partito o personalità di grande prestigio. Qui sembra che tutti siano diventati persone di grande prestigio, anche chi proprio non ne ha».
"Noi di centro" che farà?
«Al momento andiamo da soli. Ci giochiamo la partita dove possiamo giocarla. A partire dalla mia provincia (Benevento ndr) poi Caserta, la Puglia...»
La legge elettorale, però, spinge per un'alleanza. Non rischiare di essere una corsa persa in partenza?
«Non devo far eleggere 50 deputati, ma giocare una partita. In modo che tra qualche anno si dica: "Nel 2022 c'erano democristiani, orgogliosi di esserlo, che guardavano con serenità a quel che poteva accadere promuovendo le istanze dei territori". Saremo una tribù democristiana. D'altronde, anche il Papa, in Canada, ha sottolineato l'importanza delle tribù. A parte le battute, quello che accade accade, io comunque non sarò candidato, rimango Sindaco rispettando l'impegno con i miei cittadini».
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