Mattia Santori, l'anti-Salvini che coltiva droga dentro la sua casa
Non sappiamo se l'intervista a Repubblica sia immediatamente successiva a uno di quei momenti di «consumo ricreativo» rivendicati nella medesima, sta di fatto che Mattia Santori non ha soltanto dichiarato di farsi le canne (evenienza che poi scomoderebbe la sua sfera privata, non fosse che in questo disgraziato Paese costui è un personaggio pubblico). No, il capobranco di quel fenomeno ipotetico noto come Sardine ha fatto di più, ben stampato a pagina 4 del quotidiano della sinistra illuminata (prima della guerra in Ucraina o della Roma che va a fuoco, per dire la gerarchia delle notizie). «Non solo la consumo, ma la produco per uso personale». Tre piantine che crescono sotto le lampade in casa: «Quest' anno ho già raccolto 60 grammi». Tecnicamente, si tratta di una confessione: questi fatti, stando alle leggi vigenti nella Repubblica italiana (di cui non risulta la città metropolitana di Bologna costituisca un'enclave hippy a parte) costituiscono reato. È lo stesso ex istruttore di frisbee a comunicarlo candidamente all'intervistatrice Ilaria Venturi: «Non è legale? Al momento per colpa dell'articolo 73 del testo unico sugli stupefacenti si equipara l'autocoltivazione allo spaccio, per cui io rischio sino a 6 anni di carcere: è assurdo».
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MORTADELLA
Liberissimo di pensarlo, figuratevi, da queste parti siam mica cresciuti a mortadella e cattocomunismo prodiano come il nostro, una legge dello Stato non deve per forza rispecchiarsi nella coscienza morale del singolo, il quale ha tutti i diritti di criticarla, giudicarla sbagliata e fin dannosa, battersi allo stremo per cambiarla. Ma non infrangerla, soprattutto se ricopre un ruolo amministrativo e istituzionale. Il Santori infatti non solo è consigliere comunale per il Pd nel capoluogo emiliano, ma è anche consigliere delegato a turismo, politiche giovanili, scambi internazionali e grandi eventi. Cioè, sebbene non sia assessore, fa parte a tutti gli effetti della macchina di governo del sindaco dem Matteo Lepore (le deleghe alle "politiche giovanili" e agli "scambi internazionali", peraltro, lette alla luce dell'interesse manifesto del nostro per la marijuana assumono tinte inquietanti, ma passiamo oltre). Non può annunciare serenamente di fare carta straccia della legge, è semplicemente una questione di grammatica politica, riguarda i fondamentali del lavoro (?) che si è scelto, è come scendere sul campo di calcio senza tacchetti, o pretendere di lanciare un frisbee cubico, per stare a un'analogia che è sicuramente in grado di comprendere.
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Niente, lui serafico racconta come ha iniziato: «A 18 anni, come tutti» (no Santori parli per sé, ci sarebbe sempre quel dettaglio del singolo). «All'inizio le scroccavo dagli amici, poi da laureato in economia mi sono reso conto che stavo finanziando un mercato illegale» (ha dovuto laurearsi per capirlo, diciamo che l'intuito non è la sua dote migliore). Ecco allora l'idea di mettersi in proprio, grazie alla sorella che «mi portò da Amsterdam dei semi». Perfino la cronista di Repubblica non regge, e pone la fatidica domanda: una priorità la legalizzazione della cannabis? Risposta, o meglio supercazzola che neanche Ugo Tognazzi in Amici Miei: «Dobbiamo ribaltare un paradigma: è responsabilità della politica mantenere vivo il dibattito sui danni causati da 30 anni di politiche repressive" (il dibattito, non il reato). Finale in crescendo: «Crea dipendenza? È provato scientificamente che non è così». Non sappiamo che scienza bazzichi la Sardina, quella riconosciuta dal Nida (National Institute of Drug Abuse, l'ente statunitense per lo studio sugli effetti degli stupefacenti) dice che circa il 9% degli individui che utilizzano per la prima volta cannabis ne diventeranno dipendenti, percentuale che sale al 17% per chi inizia da adolescente e ancora dal 25 al 50% per chi la consuma giornalmente.
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RISCHI PENALI
Rimane la notitia criminis fatta recapitare via quotidiano, chissà se qualche pm solerte la coglierà (ricordiamo che in Italia vige l'obbligatorietà dell'azione penale). Probabilmente no, Santori ha la tessera e le coperture giuste. Lega e Fratelli d'Italia pongono comune al sindaco Lepore la lievissima criticità sull'incarico istituzionale di un signore che viola palesemente la legge, e lo rivendica. Ma sono cose da adulti, il pesciolino col cerchietto vive in un'occupazione liceale permanente, si arrotola un'altra canna e pianta un altro seme, convinto di essere una sorta di incrocio tra Baudelaire e Che Guevara. «Uso ricreativo», dice lui. Ma ogni ricreazione, insegnava il generale De Gaulle, prima o poi finisce, e per fortuna.