Ruby Rubacuori, vita stravolta: "Chi è e cosa fa oggi", parla il suo avvocato
«Sono oramai dieci anni che conosco e difendo Karima El Mahroug, conosciuta da tutti come Ruby, e credimi che è una donna, una madre, davvero irreprensibile. Credo che la gogna mediatica a cui è costantemente sottoposta sia profondamente ingiusta e rischi di ledere definitivamente la sua vita sociale presente e futura».
Chi parla è Jacopo Pensa, importante avvocato del foro di Milano, uomo colto e così attento umanamente che è capace di essere, prima che avvocato, giudice dei propri clienti. Conosco l'avvocato Pensa da 25 anni e l'ho visto essere, in talune occasioni, critico con chi difendeva. Diversamente quando c'è un caso in cui è cosciente della lealtà e dell'innocenza del proprio cliente la sua difesa diventa non soltanto "tecnica" ma appassionata ed intensa umanamente.
Avvocato quindi credi nella innocenza di Ruby?
«Certamente il pubblico ministero ha svolto il proprio compito ma credo che i contorni ed i fatti di questa vicenda processuale che riguardano una ragazza, all'epoca minorenne, sia ancora da scrivere. Ho sentito la diretta della requisitoria del pm su Radio Radicale. La dottoressa Siciliano parlava di Ruby dandole della "odalisca" e della "prostituta" raccontando con assoluta certezza che tra lei e l'allora presidente del Consiglio ci sia stato sesso in cambio di denaro».
È vero?
«Per me no. Però aspetto, assieme all'avvocato Paola Boccardi che difende con me Karima, il momento processuale della nostra discussione per spiegare ciò che è secondo me in realtà accaduto».
Che persona era Ruby all'epoca dei fatti?
«Era una ragazzina che dimostrava, fisicamente, più anni di quelli che in realtà aveva. Karima era una giovane che, improvvisamente, si è trovata a passare dalla miseria in cui viveva alla reggia di Versailles. Credo che per molte persone questo possa rappresentare un elemento importante per valutare i comportamenti».
Cosa intendi dire?
«Come ha detto il pm nella requisitoria finale "stiamo giudicando comportamenti di persone che in questi dieci anni si sono profondamente trasformati". Come dicevo, la Karima di allora non ha nulla a che vedere con la donna, mamma e moglie di adesso».
Una delle tue ultime difese è stata quella del governatore della Regione Lombardia Attilio Fontana. Che giudizio hai di quella vicenda?
«Attilio Fontana è una delle persone più per bene che io abbia conosciuto. Fontana è un galantuomo che è stato attaccato, perseguitato e dileggiato in modo indecoroso. È stato accusato di fatti così insignificanti che anche il giudice delle indagini preliminari l'ha prosciolto in istruttoria dichiarando che quegli avvenimenti per cui era stato indagato non meritavano nemmeno il processo. Sono convinto che si sia esagerato nella ipotesi accusatoria».
Come è stato il governatore Fontana durante il processo?
«L'ho visto soffrire tantissimo non tanto per la questione tecnica e processuale su cui era prontissimo, ma sull'aspetto umano e personale. L'elemento su cui l'ho davvero visto angustiarsi è stata l'accusa di "favoritismi" familiari. Cose che non ci sono mai state ed infatti il tutto è stato archiviato senza neppure andare a processo e, credimi, non è una cosa rituale al Tribunale di Milano su vicende che riguardano la politica. Questi fatti di ingiustizia lacerano le persone in modo irreversibile».
Questo riguarda i clienti, e per un avvocato cosa accade? Come vive i processi che lo vedono coinvolto?
«Se uno fa l'avvocato con passione lavora 24 ore al giorno. Anche di notte, talvolta, mi sveglio con delle intuizioni che riporto nei miei appunti».
C'è stato un caso che ti ha coinvolto in modo particolare?
«Mi viene in mente il mio amico magistrato Francesco Pintus. La sera dell'11 agosto del 1998, quando il procuratore di Cagliari Luigi Lombardini si suicidò per paura di essere arrestato dopo essere stato interrogato dal magistrato Caselli che lo accusava di rapporti scorretti con la anonima sequestri sarda il procuratore generale Francesco Pintus disse: "Sono avvilito, disgustato. Ora bisogna che la verità venga fuori. Bisogna che si sappia che Lombardini è stato oggetto di un'aggressione senza precedenti. Bisogna che si sappia che da anni la procura di Palermo ha aperto la caccia nei nostri uffici giudiziari, sono venuti in cinque. Lo hanno sentito per sei ore, capite?
Sei ore. Bisogna finirla, finirla...". Per queste parole Pintus fu querelato dall'allora procuratore di Palermo Giancarlo Caselli e dai suoi sostituti. Dopo tanti anni e otto processi, tutti vinti, fui davvero felice».
Un'altra vicenda, passata agli onori della cronaca che ti ha visto difensore è quella dell'omicidio a Milano di Francesco D'Alessio da parte della modella Statunitense Terry Broome. Il padre di D'Alessio era convinto che ad uccidere il figlio fosse stato qualcun altro. Anche tu?
«No purtroppo a uccidere il giovane romano fu proprio Terry. Anche a me il padre raccontò questa teoria che però non stava in piedi. Spesso può diventare difficile accettare per un padre l'omicidio di un figlio e soprattutto è impossibile pensare che questo avvenga da parte di uno sconosciuto. Ma così è stato».
La Milano violenta degli anni Ottanta e quella di oggi di "Terrazza sentimento": quali sono le analogie e le differenze?
«Le analogie stanno nelle logiche per cui alcune cose sono sempre accadute. La differenza è nella violenza cieca e sempre crescente di oggi».
Tu sei anche famoso tra i tuoi amici, avvocati e non, per scrivere rime baciate sulla Giustizia. Come mai questa passione?
«Da mio nonno».
Me ne ricordi una?
«Riguarda la vicenda Storari e Davigo: "C'è un piemme qui a Milano/Che ha creato un caso strano/Suscitando una burrasca/Ha ficcato nella tasca/Di un amico assai sottile/Che non era certo ostile/Dei verbali segretetati/E puranco non firmati/Alla stampa lui rivela/Che lo ha fatto a sua tutela/Per non essere accusato/Di aver troppo traccheggiato/Nell'iscriver gli ungheresi/Nel registro dei sospesi./Poi sottile ne ha parlato/Con un alto magistrato/Ed assai fuggevolmente/Con il vicepresidente/È così di bocca in bocca/La vicenda ormai trabocca...».
Hai mai pensato di fare il giudice?
«Mai, anche se per mio papà sarebbe stato il massimo perché considerava i giudici i depositari di ogni virtù».
E invece?
«Diciamo che mezzo secolo di professione mi ha insegnato che non è proprio così».