Michele Santoro difende Putin e la Russia? Bomba-Storace: "Vi dico cosa c'è davvero dietro..."
«Ma che gli è preso a Michele?». Nel clan Santoro di un tempo la domanda se la fanno in molti. È vero che quando faceva il conduttore tv amava e sapeva confezionare i programmi con piglio da tribuno che imponeva le sue idee con forza. Ora, però, con quel suo livore antiucraino, più che putiniano lui è lo zar di Mosca a sembrare santoriano. In un'intervista tra le tante - quella a La Stampa - ieri ha sparato a zero contro Kiev con argomenti che manco su twitter tracciano la linea. Al punto che sull'account del quotidiano torinese i commenti contro sovrastavano quelli a favore di Santoro.
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Il problema non è il posizionamento geopolitico di Michele. Grazie a Dio - più qui che in Russia - c'è libertà di opinione. Ma lui le ha messe tutte insieme con una confusione che nemmeno il miglior Aulin ci aiuterebbe a rimetterci in sesto. Così invecchia male. A 70 anni a nessuno di noi vecchietti verrebbe in mente di invocare per lui la pensione, ma c'è uno stile anche nel chiudere una carriera che ha avuto momenti esaltanti. Il declino non è una scelta. Le liste dei filorussi sono opera di Mario Draghi, «dietro c'è lui». Lamenta di non avere una trasmissione, nonostante «migliaia di persone scrivano sui social che mi vorrebbero in tv». Le primarie catodiche, insomma. Sul Pd e la Rai ha il nostro stesso giudizio, quindi non vale. Sentenzia poi che l'Ucraina non è una democrazia compiuta, nega di essere putiniano e ne dice così tante che è impossibile stargli appresso. E così manda in fumo la popolarità di un tempo, apprezzata allora anche a destra. Tutto per qualche intervista in stile casinista.
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ALTRI TEMPI
«Ma che gli è preso a Michele?», rimbomba al telefono la domanda di quelli che lo adoravano. Davvero non è più il tempo di Samarcanda. E chi se lo perdeva il giovedì sera quel programma... Faceva arrabbiare a volte, ma era tv vera, creava discussione autentica nelle case, nelle piazze, sul lavoro, al bar. «Hai sentito ieri Santoro?», era il commento ricorrente. L'autodistruzione non era contemplata. Su tutte le cose che ha detto, fa sorridere vedere il premier - che pure di cose strane ne ha combinate negli ultimi tempi - come mandante della lista immortalata sul Corrierone. Basta google per capire chi sta con chi, non servono i servizi segreti, tantomeno Palazzo Chigi. Ma davvero fanno scandalo? È forse la prima volta che appaiono liste di proscrizione? Ci sarebbero elenchi lunghissimi da diffondere, giornali e giornaletti come elenchi del telefono. Nell'intervista di ieri Santoro attacca anche il direttore di Libero. Alessandro Sallusti ha recentemente ricordato quando toccava a lui vedere la propria faccia proprio nelle altre liste, quelle mandate in giro da Beppe Grillo sulla rete. Casualmente Santoro se la prende proprio con Sallusti per la trasmissione da Giletti, in cui il direttore ha manifestato indignazione per le tesi russe: «È grave che attacchi il Cremlino e nessuno lo critichi», ha detto Santoro e tutti a chiedersi se invece non fosse Lavrov. Ma il massimo arriva quando si lamenta di qualche parolaccia pronunciata da Sallusti nei confronti dei guerrafondai presenti a Non è l'Arena. Ohibò, poffarbacco. Santoro diventa chierico e testimonia che non si dicono quelle parole. Come se fosse possibile dimenticare Annozero. Su La7 lo aprì al grido «Incazziamoci tutti...» e «fanc... ai partiti...», poi ripetuto in modalità martellante nella trasmissione.
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IL CONTRATTO
Ancora "meglio" aveva fatto alla Rai, dove aveva avuto cura di farsi confezionare un contratto blindato per evitare problemi. Il "vaffanbicchiere" all'allora direttore generale Mauro Masi fu epico e furbetto. Voleva dire il tradizionale vaffa, virò su un'alternativa senza senso. Paura della parolaccia? No, di Masi che invece non aveva paura di lui. Tanto è vero che dopo la Rai Masi è diventato amministratore alla Consap e poi è arrivato al vertice della banca del Fucino. A Santoro sono rimaste le intemerate contro gli altri. Ma stavolta ha puntato, sbagliando mira, su Sallusti, un altro che non si spaventa e al massimo lo considera come un troll sulla rete.