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Marcello Pera, la nera profezia sull'Italia: "Cosa rischiamo senza gli Stati Uniti..."

Fausto Carioti
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La guerra in Ucraina è anche un grande scontro di idee. Lo sostiene Alexander Dugin, filosofo vicino a Vladimir Putin: l'Occidente è «una civiltà completamente decadente», una «dannata società tossica» dalla quale la Russia deve tenersi lontana. Lo afferma il presidente russo, quando dice al suo popolo che l'Occidente è «moralmente degradato» e che la Russia non rinuncerà mai «alla fede e ai valori tradizionali». Il patriarca ortodosso Kirill gli fa eco. Sono idee che una parte degli italiani condivide, soprattutto tra i cristiani: se l'Occidente è la teoria "gender" e la "cancel culture" che abbatte le statue, meglio chi difende i propri valori.


Marcello Pera, prima di essere l'ex presidente del Senato che ha rischiato di ascendere al Quirinale, è il filosofo italiano che da posizioni liberal-conservatrici ha più criticato, anche in un libro scritto con Joseph Ratzinger, l'Europa «senza radici» e il relativismo dell'Occidente. Non condivide nulla, però, delle argomentazioni di Putin e di chi lo sostiene. «Vedo un ricatto di cui tanti credenti cristiani non sanno liberarsi», spiega Pera a Libero. «Il loro sillogismo funziona così: Putin, Kirill e Dugin sostengono che l'Europa è ormai terra sconsacrata in cui si diffondono la secolarizzazione, la perdita di fede, l'espianto delle nostre radici, la negazione della nostra identità; noi denunciamo da tempo questa stessa malattia; dunque, noi non possiamo essere contro Putin e gli altri, perché difendono i nostri valori».


Ragionamento che sembra avere attecchito, soprattutto a destra.
«È un sillogismo accattivante, ma è un grave errore, perché è parte dei nostri valori il principio che non possono essere imposti con la violenza. Per ritrovare se stessa, l'Europa non ha bisogno dell'esercito di Putin. Il patriarca Kirill svela la sua cattiva coscienza: parla in nome di Dio, ma agisce da puntello del regime».

La stupisce che simili idee facciano breccia in Italia?
«Mi sgomenta. Come è possibile che tanti sinceri credenti si lascino intrappolare da un uso così distorto della fede cristiana? La lotta contro la secolarizzazione è una battaglia culturale, da condurre con la fede, la predicazione, la testimonianza, la conversione. Le armi ci servono per difenderci quando siamo attaccati».

Anche i partiti di centrodestra, dinanzi alla guerra in Ucraina e alle scelte che attendono l'Italia, parlano lingue diverse. Può una coalizione che si candida a governare il Paese essere divisa su simili cose?
«Forza Italia, Fratelli d'Italia e la Lega hanno da sempre fatto dell'identità cristiana una bandiera dell'Europa. Mi spiace che ora la Lega inclini a dar credito a Putin.
Perché, o noi siamo cristiani e allora Putin è un nostro avversario che ci muove guerra, oppure Putin abbraccia la nostra causa cristiana e ugualmente siamo avversari, perché usai bombardamenti a tappeto. Il disegno egemonico di Putin deve essere denunciato, fermato e battuto sul campo».


Con le armi, quindi.
«Certo. Se lui ha scelto di usare le armi, noi dobbiamo rispondere con lo stesso mezzo. Se ti punta il fucile, vuol dire che non vuole la pace».

Matteo Salvini, con cui lei ha un buon rapporto, si dice invece contrario all'invio di altre armi all'Ucraina. Che effetto le fa vederlo su posizioni così simili a quelle di Giuseppe Conte?
«Siccome Salvini è persona gentile e riflessiva, vorrei dirgli: per favore, lascia perdere Conte. Quello crede davvero di essere stato un grande presidente del Consiglio, e pensa sul serio di essere a capo di un partito. Matteo, lo hai già provato una volta, davvero non ti è bastato? A meno che, Dio non voglia, non ci sia dell'altro».

Cos' altro può esserci?
«Che anche in settori della Lega e della destra stia prendendo piede quel sentimento antiamericano che è così diffuso in Italia tra i nostri bravi intellettuali e opinionisti, soprattutto ex-Pci ed ex-Lotta continua. Li sente? Se l'Ucraina non si arrende, è colpa dell'America. Se non parte un negoziato serio, è perché l'America non lo vuole. Se Zelensky ancora resiste, vuol dire che l'America vuole logorare la Russia. E così via. Perciò, abbandonate l'America, condannate il suo imperialismo, stringete la mano a Putin, non fatelo irritare ché si offende, non umiliatelo ché ci rimane male, e tutto tornerà come prima».


È un pensiero diffuso anche in gran parte delle élite europee.
«Dimenticano che "tornare come prima" vuol dire con l'America che proteggeva in armi la nostra libertà in Europa, mentre noi ce la spassavamo in discoteca. Bello spettacolo quello di stare al riparo dietro il protettore e mordergli la mano».


Motivo per cui Robert Kagan scrisse che «gli americani vengono da Marte e gli europei vengono da Venere», e questa divisione resta. Oggi Joe Biden vuole infliggere a Putin la lezione definitiva, mentre molti leader europei intendono lasciargli una via d'uscita "onorevole".
«Che ci siano leader europei che intendono allontanarsi dall'America per sostituirla come Paese guida, è vero e basta chiedere a Macron. Ma sono velleità che non mi convincono e non mi rassicurano. Non ho intenzione di oppormi agli interessi dell'America per fare quelli della Francia o della Germania. I grandi e lungimiranti statisti europei ci hanno già portati alla canna del gas russo. Anche per questo, penso che Mario Draghi stia facendo bene e mi meraviglia che persino a destra si storca il naso a Finlandia e Svezia nella Nato perché non gioverebbe alla pace. La pace è forse ciò che piace a Putin? Mi sembra di tornare al "pacifismo" dello stalinista Togliatti contro De Gasperi».


Resta il fatto che un negoziato di pace bisognerà avviarlo, speriamo presto.
«Certamente sì, ma se Putin sfonda sul campo non ci sarà negoziato, solo il fatto compiuto e irreversibile dell'annessione e scomparsa dell'Ucraina. Se invece viene fermato, allora lui stesso potrà prendere un pretesto qualunque, cantare vittoria e sedersi ad un tavolo».

La svolta atlantica di Giorgia Meloni ha sorpreso molti, anche nel suo partito. Pure lei?
«No, io la apprezzo. E mi auguro che abbia successo la sua decisione, davvero coraggiosa, di fare un partito liberalconservatore. Di certo, l'atlantismo fa parte del programma di un tale partito. Su dove sta la civiltà che dobbiamo difendere non possono esserci dubbi».

Lei ha sempre difeso il bipolarismo. Continua a farlo anche adesso che il centrodestra e il "campo largo" di Enrico Letta sono spaccati al loro interno? Non sarebbe meglio una legge proporzionale, per dare a ogni partito la possibilità di correre da solo?
«Il sistema proporzionale serve bene ai partiti, ma non alla stabilità politica dell'Italia. Il voto politico non è un sondaggio: serve in primo luogo per dare un governo. E la debolezza dei governi è un nostro problema storico».

Lo schieramento più critico nei confronti di chi vuole aiutare militarmente l'Ucraina trova conforto nelle parole di Bergoglio. È un tentativo di appropriazione indebita o davvero il papa sta tenendo un atteggiamento equidistante dall'aggressore e dall'aggredito?
«Mi sembra che anche il Papa pensi che, se si dà da mangiare un pezzo di Ucraina all'orso russo, quello non si farà venire altri appetiti. È un errore. Putin ci ha detto chiaramente quali sono le sue intenzioni. Per lui noi siamo i nazisti che lo hanno aggredito, nientemeno».

Si aspettava che Bergoglio andasse a Mosca o a Kiev?
«Lo Spirito Santo ha avuto buone ragioni per non mandarcelo».

Un'ultima domanda, presidente. Lei è stato sempre molto attento al tema della giustizia, ma i referendum non sembrano averla scaldata più di tanto. Che farà il 12 giugno?
«Andrò a votare, ma non sarò riscaldato. Anche sui temi della giustizia, in particolare sull'ordinamento giudiziario, l'unica cosa che mi scalda è una riforma della costituzione». 

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