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Toni Capuozzo contro il battaglione Azov: "Come scansano la morte al momento della verità", testimonianza-choc

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Toni Capuozzo ha analizzato gli ultimi sviluppi della guerra in Ucraina, che potrebbe arrivare a un punto di svolta il 9 maggio, data ritenuta cruciale perché di fondamentale importanza per i russi, che festeggiano la vittoria contro i nazisti nella seconda guerra mondiale. Secondo le fonti occidentali, Vladimir Putin potrebbe annunciare la guerra totale in tale occasione, ma Capuozzo non è dello stesso avviso: “Mi sembrerebbe logico il contrario. Un colpo di scena sull’asse più improbabile - Vaticano-Ankara-Mosca-Pechino - e la dichiarazione, dalla piazza Rossa, di una disponibilità a sospendere il fuoco e a trattare”.

 

 

“Naturalmente da posizioni di relativa forza - ha sottolineato Capuozzo - con in mano un Donbass allargato e Mariupol, e il corridoio di terra verso la Crimea. Dunque un Putin ferito sì dalla mancata presa di Kiev, dalla mancata caduta di Zelensky, dalle ingenti perdite di uomini e mezzi, ma comunque in grado di cantare vittoria, sia pure con la ‘v’ minuscola”. Poi Capuozzo si è occupato della storia dell’evacuazione di civili dall’acciaieria Azovstal: “Ne sono usciti con il contagocce, e non per responsabilità russa. Fra il 30 aprile e il 1 maggio hanno lasciato la fabbrica 101 persone. Sessantanove tra loro, dunque una maggioranza, hanno scelto di proseguire verso l’Ucraina governativa. Trentadue invece hanno scelto di rimanere nelle repubbliche secessioniste”.

 

 

“Nonostante fossero rimasti a vivere come topi nell’ultima trincea di Azov - ha continuato Capuozzo - gli ‘eroi’ del Corriere della Sera che al momento della verità scansano la bella morte e chiedono permessini e corridoi umanitari. Report ha avuto il coraggio del tutto insolito per le grandi televisioni e di più per la Rai, di raccogliere i racconti dei civili di Mariupol, la città martire. E raccontano di chi li ha usati come scudi, e di chi li ha, se non martirizzati usati e gettati.  Non mi ha sorpreso. La guerra ha sempre due volti, e due propagande. Finora, quella di Kiev, che ha il fascino della vittima, dell’aggredita, ha avuto via libera in ogni circostanza. Come se la propaganda, in guerra, fosse una sola”.

 

 

 

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