Vladimir Putin senza delfini? Una successione pericolosa: cosa rivela la moria di oligarchi
Chi verrà dopo zio Vlad? Il prossimo 7 ottobre saranno settanta primavere tonde tonde. E ora come mai il futuro di Vladimir Putin, da 20 anni con differenti galloni sulla tolda di comando del Cremlino, marcia di pari passo con gli equilibri geopolitici, economici e strategici. Longevi i russi. Almeno gli oligarchi. Le immagini di repertorio - nelle ultime comparse pubbliche - restituiscono la figura traballante dell'ex segretario del Pcus, Leonida Breznev, retto letteralmente in piedi spalla-a-spalla da due poderosi figuri. La mitologia da spy story occidentale sussurrava di portentosi rimedi del famigerato Kgb per tenere apparentemente in vita i traballanti segretari-presidente. Ogni volta che cambiavano i capoccioni partiva un giro di giostra di epurazioni, purghe e ripulisti che a cascata finivano per spazzare tutti i livelli della nomenklatura ex sovietica.
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PCUS ADDIO
Disciolta l'Urss (dicembre 1991), fallita la Csi, le repubbliche "autonome" hanno ereditato leader democraticamente "indicati" da Mosca. Il caso più eclatante è quello del popolo fratello kazako. Nursultan Nazarbaev, padre padrone del Kazakhstan, ha gestito per oltre 20 anni il Paese dell'Asia ex Urss. E ancora oggi il suo clan familiare conduce un popolo di origine mongola accucciato su un forziere di risorse naturali inestimabile. Poco più di 144 milioni di russi potrebbero vantare una ricchezza pro capite imponente. E invece il reddito (dati Fmi 2019) non supera i 29mila dollari. Pochi, tanti? Nello stesso periodo temporale - tanto per avere un confronto- pure i cittadini di Grecia (30.919), Romania (31.226), e Ungheria (34.343) se la passavano meglio. Però le medie sono fatte di polli divisi per teste, insegna Trilussa. E infatti appena 35 capoccioni della banda Putin & Associati (secondo uno studio diffuso dal Guardian e messo in piedi dall'Organized Crime and Corruption Reporting Project), si spartiscano la bellezza di 15 miliardi di euro.
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Certo poi il il 3,5% della popolazione russa (Banca Mondiale, dati 2018), tira avanti con 5,5 dollari Usa al giorno. Roba da terzomondo. Distratti dai fantastiliardi di euro dei ricconi che si sollazzano tra Montecarlo, Malta, Porto Cervo e Forte dei Marmi, la miseria in Russia è palpabile. Lo sanno bene i russi- che si guardano bene dal lamentarsi abituati a secoli di purghe politiche - ma lo sanno bene pure al Cremlino e dintorni. Ma zio Vlad ha altro a cui pensare. Primo non ha indicato (al momento) alcun delfino politico per la successione. Potrebbe restare al timone costituzionalmente fino al 2036(riforma 2020). Altri 14 anni. La moria sospetta di oligarchi delle ultime settimane fa balenare qualche sospetto sulle manovre di successione già in atto. Mosca (in rubli, dollari o cambio merci) incassa giornalmente dai 700 milioni a oltre 1 miliardo di dollari solo per le forniture energetiche dirette verso l'Europa. Le minacce di non comprare il gas russo intimoriscono più i politici e le imprese occidentali (che temono un crollo domino del proprio Pil già traballante dopo il Covid), che i papaveri moscoviti.
La Russia galleggia - in questo pirotecnico 2022 - da anni di embargo (era il 2014) e l'esperienza "gemella" della Crimea qualcosa ha insegnato. Le imprese filostatali russe (controllate dai putiniani, si sono attrezzate per sopravvivere. Oggi meno del 40% delle acquisizioni di prodotti e materie prime russe transitano verso Paesi che hanno aderito (più o meno convintamente) all'embargo dall'Occidente. Il resto, il 60% della potenza di export russa, finisce a Paesi come Cina, India, Sudest Asiatico, Africa, Sud America. Paesi in tumultuoso sviluppo che possono pure pagare poco rispetto all'opulento Occidente. Ma che scambiano volentieri concessioni di materie prime preziose e beni di cui Mosca ha bisogno. Volete un esempio? La fantomatica mozzarella di bufala campana negli anni dell'embargo post Crimea non poteva partire direttamente via aerea dalla Campania (né da Milano), per sollazzare il palato della classe dirigente di San Pietroburgo. Trovato il muro dell'embargo scaltri imprenditori avevano tempestivamente inaugurato caseifici in Tunisia o in altri Paesi che non aderivano all'embargo.
FURBIZIE COMMERCIALI
Triangolando così l'approvvigionamento costante dei prodotti caseari. Scavalcati furbescamente i limiti delle dogane a rimetterci sono state le imprese "normali", non attrezzate ad aprire rapidamente stabilimenti all'estero. In Russia nel 2014 l'embargo occidentale ha dato la scintilla per inaugurare una filiera autarchica di fornitura. Che passa dalla simil mozzarella (ribattezzata Zottarella per mera assonanza fonetica), alle scarpe made in China che stanno mandando a gambe all'aria tutto il distretto italiano. Se le "operazioni straordinarie" in Ucraina e dintorni hanno riacceso climi da guerra fredda nel cuore d'Europa, adesso bisognerà vedere cosa sarà del futuro geo/politico/economico mondiale. Le voci rilanciate ad arte di una malattia di Putin. I sussurri su possibili attentati per disarcionarlo. La mancanza di un successore incoronato lasciano Est ed Ovest con un terribile dubbio: cosa succederà quando zio Vlad scomparirà? Passerà la mano? Verrà suicidato o destituito. S&P prudentemente stima che il solo conflitto in Ucraina in accoppiata con le sanzioni di Ue e Usa, faranno sprofondare il Pil della Russia dell'8,5% nel 2022. Nel 1992 la picchiata con la dissoluzione dell'Urss fu del -14,5%. Ma allora l'economia sovietica non era interconnessa con quella globale. E l'effetto trascinamento sarà poderoso pure per noi altri. Tutto questo senza mettere in conto un defenestramento del vecchio Zar. E l'instabilità che si potrebbe portare dietro, visto che un successore non c'è. O che se ne sta ben acquattato..