Joe Biden, "l'isterico che può far saltare il mondo: Putin più lucido di lui". Chi affonda il presidente
In una guerra in cui la propaganda e la comunicazione sono tutto è interessante sentire il parere di un esperto come Klaus Davi che della comunicazione conosce i metodi e le distorsioni. E ci può aiutare a fare il punto sui protagonisti della crisi in Ucraina, stilando delle pagelle per ciascuno.
1) Volodymyr Zelensky «Ha già vinto la guerra della comunicazione, dando lezione di propaganda al campione della propaganda, Putin. Ha ripreso il metodo di comunicazione di Berlusconi: il suo è uno stile emotivo, che parla alla pancia dello spettatore e crea empatia, con radicalizzazione dei concetti e appello a valori fondamentali, come la famiglia e la nazione».
2) Vladimir Putin «Adotta un linguaggio e un metodo comunicativo di stampo mafioso: i pizzini inviati dai suoi alla stampa, la pretesa di stabilire lui le regole, il non concepire l'idea delle sconfitta sono aspetti tipici di organizzazioni criminali come la 'ndrangheta. Ma Putin ha commesso tre grossi errori di comunicazione: ha detto di voler denazificare un Paese guidato da un ebreo (Zelensky) nipote di scampati all'Olocausto; ha sconfessato pubblicamente i suoi generali, alimentando fronde contro di sé; ha censurato i social network, attirandosi le ire dei giovani russi».
3) Recep Tayyp Erdogan «Insieme a Israele, è il vero vincitore nell'opera di mediazione. Ha avuto l'idea di ospitare a Istanbul i negoziati tra la Russia e l'Ucraina ed ha portato a casa risultati importanti, grazie alla sua capacità persuasiva. E ha ribaltato la narrazione sudi sé. Lui veniva assimilato al fondamentalismo islamico e ai provvedimenti anti-democratici. Ora invece ha fatto di nuovo della Turchia un crocevia, un punto di incontro tra mondo occidentale e galassia russa».
Vincenzo Meleca, il capitano demolisce Joe Biden: tank in Ucraina, perché sarà un fallimento
4) Ebraismo e Israele «Un vincitore sul piano mediatico è l'ebraismo. Quello rappresentato da Zelensky ma anche quello incarnato dall'ebreo Abramovich. Lui, in nome dell'ebraismo ufficioso, si è proposto come una sorta di kingmaker della pace. Anche Israele ha dato una lezione di diplomazia all'Europa: ha avuto un ruolo sebbene avesse pochi margini di manovra per questioni geopolitiche».
5) Unione europea «L'Europa è stata solo una comprimaria delle trattative. Ha fatto bene a imporre le sanzioni, anche al limite dell'autolesionismo. Ma poi non ha portato avanti alcuna iniziativa di pace. Il fatto che l'Ue sia stata bacchettata più volte da Zelensky dimostra quanto sia incapace di avere un ruolo attivo nella risoluzione del conflitto. La von der Leyen appare debole, algida, poco emotiva. E non ha avuto l'unica idea che avrebbe dovuto avere: perché non ha organizzato in Europa il tavolo per le trattative di pace?».
6) Joe Biden «Ha fatto l'errore di gestire una crisi internazionale guardando all'opinione pubblica interna. Era partito bene, in modo soft, tenendo compatto l'Occidente. Poi ha rispolverato la logica della Russia come "impero del male", e così è scaduto in insulti inutili, con un'escalation linguistica quasi isterica che ha messo in pericolo la mediazione. In tal modo ha perso anche autorevolezza sul piano della comunicazione. Perfino Putin è sembrato più posato e più lucido di lui».
7) Papa Francesco «Il Papa ha avuto una funzione importantissima. Ha dato una copertura sacra al pacifismo. Ma farebbe bene a non andare a Kiev. Si esporrebbe in prima persona, col rischio di non sortire alcun effetto. E poi, si sa, la diplomazia vaticana agisce meglio dietro le quinte».
8) Mario Draghi «Ha scelto una strategia prudente, non dicendo mai "siamo in guerra". Ma ha tenuto il punto su sanzioni e invio delle armi. E ha costruito un ottimo rapporto con Zelensky: la sua autorevolezza internazionale è cresciuta grazie all'investitura del presidente ucraino».
9) Giuseppe Conte «Non ne esce bene. Dividere il paese in guerra, come lui ha fatto sull'aumento delle spese militari, non paga mai. Ha dato l'impressione di uno scarso senso di unità nazionale».
10) Matteo Salvini «Politicamente è stato ineccepibile: la Lega ha votato tutte le risoluzioni a sostegno dell'Ucraina. Ma è stato contraddittorio e incerto nella comunicazione. La sua obiezione sull'uso delle armi è stata smontata dalla determinazione della resistenza ucraina».
11) Giorgia Meloni «È tra quelli che ne escono meglio, tra i politici nostrani. Si è cucita addosso un ruolo istituzionale ed è apparsa in grado di fare gli interessi del Paese, pur stando all'opposizione».
12) Silvio Berlusconi «In modo scaltro e lungimirante ha preferito tacere su Putin, onde preservare il suo rapporto personale con lui. Ha preferito investire Tajani del compito di esprimere la posizione filo-atlantica di Forza Italia. Tajani lo ha fatto efficacemente, forte di un'immagine internazionale costruita negli anni».
13) Enrico Letta «Ha agito nelle retroguardie senza l'ansia da prestazione di chi va al fronte. Ha capito che non sempre l'apparire premia, e così ha incassato consensi. Con il suo stile professorale è riuscito a dire sì alla guerra ma in toni pacati, se non paciosi».