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Toni Capuozzo, l'affondo su Zelensky alla Camera: "Chi non c'era non si è perso niente. Mi chiedo se..."
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Il discorso di Volodymyr Zelensky alla Camera è stato più dimesso rispetto a quelli che aveva tenuto nei Parlamenti di altri Paesi. Forse il presidente ucraino ha tenuto in conto il fatto che un pezzo importante dell’Italia ha simpatie più o meno marcate per la Russia e in particolare per Vladimir Putin: non a caso in aula mancavano circa 350 parlamentari. E allora nessun riferimento alla resistenza né a Mussolini, soltanto un paragone tra Genova e Mariupol.
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Paradossalmente è stato per certi versi più aggressivo il discorso di Mario Draghi rispetto a quello di Zelensky. “L’ho ascoltato, e ho pensato che quei quattro assenti (che non erano proprio quattro, ndr), pur sbagliando perché si ascolta e si rispetta il rappresentante di un popolo che soffre, non si erano persi niente, quanto a storia”, ha commentato Toni Capuozzo in un lungo post condiviso su Facebook. “E anzi - ha continuato - mi son chiesto se fosse autentico o perfettamente recitato il tono dimesso di Zelensky. Niente rimproveri come davanti ai tedeschi, niente paragoni impropri come davanti agli israeliani, niente arrivano i nostri come davanti al congresso americano”.
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“No, il discorso a tratti orgoglioso, ma più spesso dolente, di qualcuno che ti racconta la guerra dal basso, con i suo orrori, quelli inevitabili e quelli che nessuno fa nulla per evitare. Non ha chiesto armi, non ha chiesto la liberazione dei cieli, ha detto solo che la sua battaglia è quella di tutta l’Europa, che lo fa anche per noi. Ci si era chiesti quale sarebbe stato il 'taglio' italiano, per un oratore che ci ha abituati a confezionare il suo discorso su misura per pubblici diversi. Si è limitato a citare Genova, perché si affaccia al mare come Mariupol, e Roma, come simbolo delle capitali che appartengono un po’ a tutto il mondo”.
“Mi è sembrato che il taglio ‘italiano’ fosse nel tono del discorso, nel peso dato agli aiuti umanitari, all’accoglienza. E che ci fosse la cautela di non incolpare la Russia intera, e dunque un popolo (che agli italiani è caro per storia, musica, letteratura, cinema, e perfino per come i civili trattarono i nostri alpini mandati a invadere) ma un uomo, un uomo solo, innominato, dell’aggressione. Ha parlato agli italiani brava gente, o che si credono tali, o sono visti come tali”.
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Un santuario alpino sospeso nel tempo e nello spazio
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