Matteo Bassetti, "è la prima ondata di nu nuovo virus": Covid, ecco che cosa ci aspetta
«L'errore più grosso che è stato fatto in questi due anni di pandemia, probabilmente, riguarda la scuola. Sono state prese scelte un po' troppo "chiusuriste"». Matteo Bassetti non ha bisogno di presentazioni: virologo, ricercatore, direttore della clinica di Malattie infettive al policlinico San Martino di Genova. Da quando il coronavirus è arrivato a scombussolarci l'esistenza, lui è tra quelli che hanno provato a spiegarci cosa stesse succedendo. È uno, Bassetti, che non le manda a dire: «Siamo stati il Paese europeo che ha perso più giorni sui banchi», continua, «qualcosa abbiamo sbagliato».
Dottor Bassetti, però nel 2020 non si poteva fare altrimenti. Non eravamo preparati...
«All'inizio d'accordo. Ma il fatto è che le stesse decisioni sono state prese anche dopo e le conseguenze peggiori le subiranno quelle generazioni di studenti che si sono viste togliere la socialità. È importante per i ragazzi».
E adesso? Le lezioni si fanno in classe, ma abbiamo ancora il green pass, lo stato d'emergenza per una settimana, persistono alcune limitazioni. Cosa pensa?
«Quello che ci serve è una sorta di reset. Come per il computer. Dobbiamo ripartire. Oggi se va in un ufficio pubblico trova ancora gli orari contingentati come quando eravamo in piena crisi. Lo stesso vale per le consegne. Di nuovo, per le scuole. Che senso ha? Anche lo stato di emergenza, come ha detto lei, terminerà a fine mese, perché dobbiamo continuare con le restrizioni?».
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Vale anche per il certificato verde?
«Guardi, ha esaurito il suo compito. Io l'ho difeso parecchio, in passato, come misura perché è stato uno strumento utile. Però adesso tiriamo una linea e amen. Abbiamo circa il 90% di cittadini vaccinati, gli irriducibili mica si convincono più».
Neanche il Novavax li ha recuperati...
«Appunto. Il vaccino tradizionale doveva persuaderli invece l'han scelto in quanti? In 12mila?».
Più o meno la cifra è quella. Cosa si fa, allora, con i no-vax che non cedono?
«Oramai più niente. Non possiamo continuare con questa contrapposizione. Anti-vaccinisti e pro-fiale. Non sono evasori che fanno un danno alla società, se ancora rifiutano la punturina peggio per loro e andiamo avanti».
Il governo ha fatto bene o no a procedere per gradi col decreto riaperture?
«È stata una scelta molto politica. Non tutti erano d'accordo, c'era anche chi voleva tenere il green pass fino all'estate. Io credo sia stata una decisione ragionevole, anche se si poteva fare qualcosa di più. Però attenzione, allentare le misure non è un liberi-tutti».
In che senso?
«In questi due anni abbiamo familiarizzato con degli strumenti di prevenzione, adesso dobbiamo capire come usarli in futuro. Se uno non si sente sicuro, se è un soggetto fragile, per esempio, la mascherina può continuare a metterla. D'altronde l'alternativa qual era? Mantenere gli obblighi? Sarebbe un eccesso di burocratizzazione, per carità».
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Senta, Omicron 2 deve farci paura?
«In Liguria l'80% dei virus tracciati oggi sono Omicron 2, Delta è praticamente scomparsa. È più contagioso, ma assomiglia molto a un raffreddore. I sintomi sono quelli classici: tosse, mal di gola, naso che cola, magari problemi gastrointestinali. La buona notizia è che in ospedale ci vanno in pochi».
Quella cattiva è che siamo nel pieno della quinta ondata?
«No, non è la quinta ondata. La realtà dei fatti è che siamo di fronte alla prima ondata di un virus depotenziato dai vaccini».
Be', anche meglio. Dobbiamo aspettarci una quarta dose per tutti?
«Non la chiamerei così. È più consono parlare di dose di richiamo, da farsi una volta all'anno, magari all'inizio della stagione autunnale quando abbiamo capito che il covid "morde" di più. Proprio come per il vaccino anti-influenzale. Pensare a una dose adesso, con i vaccini che abbiamo, non ha molto senso». Perché? «Sono vaccini non tarati sulle varianti predominanti, come Omicron. Sono poco performanti, ecco. Abbiamo ancora un'ottima copertura per quella che è la malattia grave e questo non dobbiamo dimenticarlo. Perché è chiaro che se siamo arrivati a questo punto lo dobbiamo all'ottima campagna di vaccinazione che abbiamo fatto».