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Volodymyr Zelensky, le promesse mancate e i volontari nazisti: quello che nessuno dice sull'eroe antipatico

Renato Farina
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Ci siamo ritrovati tra i piedi un eroe di cui avremmo fatto volentieri a meno. Diciamocelo. È un eroe antipatico. Ci ricorda che esistono momenti in cui si è chiamati alla prova decisiva. Capita inesorabilmente in ogni esistenza un momento così. Nel caso della gente comune, ci tocca viverlo da soli e con pochi altri, su cui ricadranno le conseguenze della nostra scelta. Queste conseguenze sono moltiplicate per un milione, per un miliardo quando in questi frangenti del destino ci sono di mezzo i responsabili delle nazioni e le armi nucleari. Che prezzo ha la pace? Dinanzi a un'invasione che si fa? Questo interrogativo riguarda gli ucraini. Ma siccome nessun popolo è un'isola, tocca anche noi e soprattutto i nostri governanti. Che si fa? Si mette al sicuro - in apparenza - il proprio Paese, evitando di coinvolgerci, o siamo chiamati a qualcosa di più? Come cercare la pace con l'aggressore? A che prezzo? Domande mica semplici. Una prova così si tende ad evitarla, delegarla agli altri. Nel nostro caso l'Occidente ha optato per quella che possiamo chiamare proxy war, guerra per procura. Ti diamo armi, strozziamo economicamente l'invasore, ma basta così.

 

 

SEGRETI E RISATE
Volodymyr Zelensky, 44 anni, ex comico, oggi sul palcoscenico del mondo in un ruolo tragico, ci punta il dito contro. Va nei Parlamenti di tutto il mondo in video-collegamento (oggi a Montecitorio) e dice: esiste anche per voi qualcosa che vale più della vita, cioè la libertà? Dovete fare di più. Ha indossato le vesti di un eroe greco, o forse di Winston Churchill, che francamente in tutti i sensi gli stanno larghe, e dovunque, dopo essersi studiato l'interlocutore, pronuncia la sua orazione che è tutto meno che una carezza. Da quando tre settimane fa i carri armati russi hanno attraversato i confini e si sono diretti verso Kiev e Mariupol, è diventato un altro. È l'Ucraina incarnata, punto e basta. Avrà avuto, e tiene ancora, conti in banca all'estero, è coinvolto in traffici finanziari loschi- come denunciato dai Pandora Papers - nelle Isole Vergini Britanniche, Belize e Cipro. Eletto nel 2019 con il compito di stroncare la corruzione, non ha fatto nulla, neanche ha dato maggior libertà e serenità alla minoranza russofona, oltretutto si giova di truppe di volontari orgogliosamente brutali e nazisti (e questo va detto). Però adesso tutto questo non c'è più. C'è stata una «seconda nascita». Ne parla Hannah Arendt a proposito di Achille che accetta di combattere a Troia pur sapendo che se lo farà, ne morirà. Adesso Zelensky è l'Ucraina. E lui- non a caso ebreo - ha paragonato la sorte dei suoi connazionali, suscitando scandalo presso il parlamento di Gerusalemme, a quella degli ebrei sottoposti alla «soluzione finale» di Hitler. Questa è la missione che si è dato il presidente dell'Ucraina. Come scrive a proposito degli israeliti Isaac Singer: «Un popolo che non può dormire e non lascia dormire nessun altro». Replica: «Forse perché hanno una cattiva coscienza». Controreplica: «Gli altri non hanno coscienza addirittura». Ecco, Zelenski obbliga ad averla. E sta suscitando, molto più di quanto appaia sui giornali, perplessità nell'opinione pubblica e nei governi. Per certe ragioni - per onestà devo dirlo- lo considero avventato, e persino pericoloso: spinge l'Occidente a rischiare la terza guerra mondiale chiedendo l'intervento dell'aviazione Nato sopra i cieli ucraini. E ha maledettamente ragione, nel tempo breve. Putin tira dagli aerei missili che ammazzano la folla inerme, e un cavaliere antico si frapporrebbe a qualsiasi prezzo per difendere l'orfano e la vedova e se passa un aereo russo, lui dice: abbattetelo! Sarebbe guerra mondiale, e la perderemmo pure. Ma non è forse più ipocrita fornire armi su armi per la resistenza, lavandoci la coscienza e in realtà aggiungendo sangue a sangue in un conflitto impari? In questo memento lui, questo ex comico, parlando al Congresso a Washington ha rinfacciato ai deputati e senatori e a Biden che a Kiev è ogni giorno da tre settimane l'11 settembre, e pareva lui la Statua della Libertà che a New York dev' essersi arrugginita. Ha citato ai tedeschi il Muro di Berlino, e li ha invitati ad abbattere quello che separa Ucraina ed Europa. Li ha rimproverati di badare troppo agli affari, mentre il suo popolo muore. In Svizzera, a Berna, ha preso di mira un monumento nazionale: la Nestlé. Le ha rinfacciato lo slogan «buon cibo, buona vita». Brava, ma intanto resti a Mosca. «Gli affari in Russia funzionano anche se i nostri figli muoiono e le nostre città vengono distrutte». Replica debolissima della multinazionale.

 

 

LA VITA O LA LIBERTÀ
Il Washington Post ne mette in questione la serietà. Vuole davvero trattative di pace? Sa che cosa è disposto a concedere? Pare di no. È chiaro che ci sono forze occidentali che lo spingono a farsi da parte. Figuriamoci. Impossibile. Biden gli ha proposto di espatriare. «Non scappo». Al Parlamento europeo ha detto: «Forse è l'ultima volta che mi vedete». A Londra, alla Camera dei Comuni, ha citato il discorso di Churchill facendo piangere tutti: «Noi combatteremo fino alla fine, per mare e per aria. Continueremo a combattere a qualunque costo. Combatteremo nelle foreste, nei campi, sulle rive e per le strade». Non lo dice per modo di dire. Sta accadendo. E lui questo coraggio l'ha. E lo getta in faccia ai popoli ma anzitutto ai loro capi, ai parlamenti del globo, e li sfida, con la maglietta e la giacca militare verde oliva eccolo sulle nostre tivù. Sarò, come tanti, incerto se onorare la grandezza temeraria di un Davide che non ha però nessuna possibilità di ammazzare Golia, e rischia di sacrificare il proprio popolo; oppure inchinarmi alla testimonianza della libertà. Che casino. Sono uno di quelli che se fossi un ucraino- alla mia bella età - sarei lì con un fucile o una molotov a difendere la mia terra e la mia casa. Questo almeno spero. Ma se fossi Zelensky direi: «Putin prendimi, scorticami, mi do in ostaggio ma risparmia il mio popolo». No, non può. È più forte di lui. Più della vita conta la libertà. A proposito di Churchill: considerava il coraggio come la prima delle qualità umane, decisiva per un politico, perché rende possibili tutte le altre. Si può dissentire dalle proposte di Zelensky, ma quanto dobbiamo imparare da questo eroe antipatico.

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