Generale Figliuolo, Filippo Facci smaschera Travaglio: "Perché il Fatto lo ha messo alla gogna"
Il generale Francesco Paolo Figliuolo non è indagato, non è iscritto nel registro degli indagati, non è iscritto nel registro dei reati: è stato soltanto denunciato da un anonimo alla procura di Bolzano dopodiché un pubblico ministero ha preso la denuncia e l'ha relegata a modello 45, che tecnicamente corrisponde al «registro degli atti non costituenti notizie di reato» che è quello dove spesso finiscono le denunce dei pazzi o dei finti perseguitati e dintorni. Morale: ieri Il Fatto Quotidiano ha sbattuto in prima pagina la notizia (che non c'è) perché è così che funziona, in Italia in particolare. Già fatichereste a immaginare quante ne arrivano, di denunce che finiscono direttamente a modello 45: ma fatichereste di meno a immaginare quante possa ritrovarsene, d'un tratto, chiunque sia divenuto noto o famoso o comunque al centro delle cronache. Perché è così che funziona, sì. Se tra giornalisti si dice «se non ti querelano non sei nessuno (cacchiata, perché allora il direttore di Libero e anche del Fatto dovrebbero essere più celebri dei Beatles), in Italia è molto più vero che chiunque si affacci alla ribalta politica faccia partire un conto alla rovescia, e la scommessa divenga: quanto impiegheranno a indagarlo? Entro quanto finirà arrostito dal cretinismo mediatico e bipolare? Le scommesse per il generale Figliuolo sono ancora aperte, visto che circolano quotidiani che riescono a rimpiangere persino i tempi di Giuseppe Conte e Domenico Arcuri.
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AVVERTENZA TECNICA
Dunque, ora, raccontiamo per bene questa immane ca***ta: la denuncia contro Figliuolo; divertiamoci un po' coi nostri amici del Fatto. Avvertenza tecnica: non provino neanche, certi "imparati" di cose giudiziarie, a rifilarci che il modello 45 sia solo un nascondiglio usato dai pm per prendere tempo: quei tempi sono finiti. C'è una circolare del ministero della Giustizia (21 aprile 2011) che è stata confermata due volte dalla Cassazione a Sezione Unite e che spiega che il giochino non si può più fare. No, perché il Fatto Quotidiano ha titolato così: «"Il gen. Figliuolo chiese favori per il figlio". Indaga Bolzano». Che non è il cognome di un pm: è la città. C'è un'intera città che indaga, 104mila bolzanesi sulle tracce del generale. Il Fatto scrive che la denuncia «ha portato i pm altoatesini ad aprire un'inchiesta», anche se ammettono che il generale non è indagato: ma detta così è una bugia e basta. Per mettere la denuncia a modello 45 (registro separato da quello generale) bisogna comunque denominarlo in qualche modo, scriverci un numero: nel caso è il 2305/21, ma non significa che hanno «aperto un'inchiesta», come scrive Il Fatto, ma viceversa che non l'hanno aperta, perché quel registro è l'anticamera dell'archiviazione. Se un pm volesse «aprire un'inchiesta», il pm dovrebbe fare una nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato (che è un altro registro) e il passaggio dovrebbe essere annotato. Non è avvenuto. Quindi non c'è un'indagine. Non c'è un'indagato. Per ora, almeno. Ora la dinamica. Il caporalmaggiore Carlo Chiariglione, presidente di Assomilitari (un'associazione di categoria il cui presidente onorario è Giampiero Scanu, ex senatore passato dal Ppi al Pd, ora pensionato) il 10 novembre scorso ha depositato un esposto alla Procura di Bolzano. In questo esposto c'era una denuncia anonima, ma questa denuncia è stata confermata dalla registrazione che Assomilitari ha fatto del racconto di un ex vice comandante degli Alpini ora in pensione, Marcello Bellacicco.
LA RICOSTRUZIONE
L'anonimo racconta (cioè è scritto nell'esposto) che l'ex comandante degli Alpini Claudio Berto, pure lui in pensione, il 19 febbraio 2019 era in un bar dello Stadio del ghiaccio di Dobbiaco (Bolzano) e con lui c'erano anche altri militari. Tre mesi prima, a dicembre 2018, il Nono reggimento alpini era rientrato da un'operazione in Lettonia ed era stato sostituito dal Settimo reggimento dei bersaglieri, e nel dicembre 2019 il Nono sarebbe dovuto ripartire per la Lettonia. Ma ecco: «Il generale Berto in tale situazione ha iniziato a raccontare ai presenti che il generale Figliuolo poco prima gli aveva richiesto di poter modificare il piano impiego estero dei reparti Alpini gia formalmente definito», e cioè «togliere dalla pianificazione operativa per l'impiego all'estero il Nono Reggimento Alpini e impiegare il Terzo Reggimento Alpini». E perché l'avrebbe fatto? «Al solo fine di poter far partire la compagnia comandata dal Capitano Figliuolo», inteso come Federico Figliuolo, a capo del Terzo Alpini. Non solo: il generale Figliuolo, secondo il racconto da bar dell'ex comandante Berto, «per convincerlo di tale favore personale, gli promise di destinare al Comando Truppe Alpine dei materiali speciali, forse motoslitte». Addirittura. Motoslitte per gli Alpini: sono tutti materiali speciali che in effetti ai Lagunari San Marco e all'Arma di Cavalleria non hanno mai destinato. Poi, forse nella consapevolezza che i tratti comuni di ogni testimonianza sono 1) degli Alpini; 2) un bar: 3) dei pensionati, l'esposto anonimo precisava che il generale Berto «tale affermazione l'ha ripetuta ad altri soggetti anche in altre situazioni e sedi». In quali bar, pardon sedi?
SEGUGI IN AZIONE
Da qui sono ripartiti i segugi del Fatto. Hanno cercato di contattare il generale Berto, ma l'alpino gli ha fatto rispondere - tramite l'ufficio stampa - che non vuole incontrarli né rispondere alle loro domande. Inquietante. In seguito l'avvocato di Assomilitari ha chiesto all'Esercito copia della «disposizione di variazione della pianificazione operativa nell'avvicendamento», e però non gliel'hanno data, spiegando che l'Esercito, su richiesta, non fornisce documenti militari interni. Inquietante. Allora i segugi del Fatto hanno scritto «via whatsapp» al generale Figliuolo che non ha risposto (inquietante) e hanno chiesto spiegazioni all'ufficio stampa della struttura commissariale per l'emergenza Covid, «anche in questo caso senza ottenere risposte». Sempre più inquietante. In vari passaggi, i segugi del Fatto sono rimasti «senza risposte», e se la sono rivenduta come se avessero ogni volta impattato contro muri d'omertà. È giusto avvertirli: se si ostineranno a chiedere informazioni sulla «disposizione di variazione della pianificazione operativa nell'avvicendamento» degli Alpini in Lettonia, chissà, persino il loro portinaio potrebbe lasciarli «senza risposte».