Se la sinistra non è più la regina delle librerie
Dai saggi sulla giustizia a "La Cappa" di Veneziani, scrittori e giornalisti conservatori scalano classifiche di vendita da decenni dominate da autori progressisti. Segno di un cambiamento di sensibilità e dei tempi
C’è qualcosa di nuovo eppur d’antico nella destra scrivente oggi impegnatissima a scalare le classifiche letterarie.
A compulsare la hit top 10 dei libri più venduti della settimana nella sezione “saggistica” -che molti editori estendono alla “non fiction” - svettano, rispettivamente Lobby& Logge di Alessandro Sallusti e Luca Palamara (Rizzoli, euro 19, al 6° posto in classifica generale) arrivato a 30mila copie di venduto in seconda edizione e La cappa. Per una critica del presente di Marcello Veneziani (Marsilio euro 18), quinta edizione, per 20mila copie.
Ora, uno può dire che Sallusti è il direttore di questo giornale e Veneziani ne è stato per anni una prima firma; ed è vero.
Ma è altrettanto vera l’inconfutabilità del fenomeno. Cioè: due scrittori-giornalisti e un ex magistrato tradizionalmente conservatori in un Paese in cui non c’è niente da conservare –direbbe Longanesi- conquistano le librerie con tematiche tutt’altro che nazionalpopolari. Cioè: il sequel di un appassionato racconto che disvela il lato oscuro del sistema di potere della magistratura e un pamphlet filosofico sul disincanto del mondo e il tramonto della tradizione sono, oggi, rispettivamente sulla vetta. Sono al primo e al secondo posto di una hit da decenni dominata da autori progressisti o americanamente <CF2711>liberal</CF>. Dietro al trio Sallusti-Palamara e Veneziani, infatti, si arrampicano, oltre a cronisti di razza Federico Rampini con Fermare Pechino (al 4° posto) e Sergio Rizzo< < Potere assoluto al 5°, i pregiati colleghi Gianni Barbacetto, Peter Gomez e Marco Travaglio con Mani Pulite. La vera storia (Chiarelettere, 8°), l’altro ex magistrato Gianrico Carofiglio con La nuova manomissione delle parole (9°), Luciana Littizzetto (Io mi fido di te 18°) e il sociologo Umberto Galimberti< (Il libro delle emozioni, 20°). Ossia un drappello di firme abituate ai picchi di vendita, storicamente e politicamente inquadrabili dall’altro lato della barricata. Sorpasso a destra, dunque. La tendenza editoriale spiazza.
Ma non è, ad onor del vero, del tutto inedita. Solo l’anno scorso Sallusti- Palamara col loro libro d’esordio, Il Sistema fecero il botto con 300mila copie vendute in ben 13 edizioni. Eppoi vennero, implacabili, i libri di Giorgia Meloni (Io sono Giorgia. Le mie radici le mie idee), 100mila copie e 5 edizioni per un secondo posto nella hit col sapore dell’eterno; e di Bruno Vespa issato sulla stessa classifica sia con la penultima opera Perché Mussolini rovinò l'Italia (e come Draghi la sta risanando) che con la terzultima Perché l'Italia amò Mussolini (e come è sopravvissuta alla dittatura del virus). Riguardo a Vespa, più che di “autore di destra”, qui si può parlare di “tematica di destra”; la stessa –quella del fascismo eviscerato letterariamente- che, per certi versi, ha consentito a M-Il figlio del secolodi Antonio Scurati autore progressista, di vincere lo Strega e di stregare il pubblico.
Ora, in Francia il conservatorismo –soprattutto a striature sovraniste di critica contro “il mondo globalizzato”- impera sull’editoria da almeno un ventennio; e ha sempre avuto i suoi campioni d’incasso (Onfray, Finkielkraut, Houellebecq, Zemmour), Ma in Italia è stato diverso. Gli orfani di Fallaci, Montanelli, Gadda, Landolfi, Prezzolini, Papini, Pirandello; be’, faticavano da decenni a far sentire la loro voce.
Addirittura Nicola Lagioia, direttore del Salone del Libro dal 2017, per un po’ rese quel tempio una sorta di club per intellettuali progressisti. Senza minimamente considerare che - nell’eterna e spesso stucchevole polemica tra scrittori progressisti e conservatori- avrebbe dovuto almeno spiccare un indimenticato articolo di Giovanni Raboni sul Corriere della sera del 2002. Laddove il critico (di sinistra) ammetteva che le punte più alte della cultura del 900 fossero non di sinistra. Eppure, molti di noi vissero un incauto complesso d’inferiorità. Vent’anni fa Alleanza Nazionale mi chiese di presentare un convegno, “La cultura di destra”. Risposi –pensando di essere spiritoso- con uno pseudo-Longanesi: «…Bene, allora dieci minuti e abbiamo finito». Venni giustamente bandito da ogni consesso culturale nel ventennio successivo. Oggi, mi asterrei dal battuteggiare, e ripartirei dal primato di Sallusti e Veneziani...