Ucraina, il generale Angioni: "Questa è peggio di una guerra, qual è il vero obiettivo di Putin"
Il generale Franco Angioni, già comandante delle truppe terrestri Nato nel Sud Europa e del contingente italiano in Libano negli anni più duri della guerra civile, analizza il conflitto in Ucraina. "Quello che Putin teme più di ogni altra cosa è il possibile contagio democratico che l'esperienza in atto in Ucraina poteva esercitare nei confronti del popolo russo, visti anche gli stretti legami, culturali, linguistici, addirittura familiari, tra i due popoli. L'avvicinarsi a quei principi e valori propri di un sistema democratico e non di un regime autocratico. La guerra ha i suoi codici, le sue regole. E definizioni appropriate. Una guerra va dichiarata, anzitutto. E mi creda non è un fatto formale ma sostanziale. Perché una guerra quando è tale è soggetta a Convenzioni internazionali, come quella di Ginevra, impone un codice di comportamento nei confronti della popolazione civile e dei prigionieri", spiega in una intervista al Riformista.
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"Credo che Putin sia stato sorpreso dalla reazione ucraina. Non tanto dalla reazione degli effettivi ucraini quanto dalla dimensione popolare della resistenza. Certamente era consapevole della poca simpatia di cui godeva in Ucraina, ma non fino al punto di trovarsi in una vicenda così determinata di scontro. Quella dell'Ucraina è stata una sfida democratica. Non dichiarata, perché non aveva alcuna intenzione né interesse a farlo, ma aveva cominciato ad acquisire il piacere della libertà. Putin non mira alla cancellazione dell'Ucraina ma alla sua normalizzazione, ad avere un regime amico a Kiev", spiega Angioni.
Sul ruolo dell'Italia spiega che, "si è comportata così perché è nella nostra indole, nella nostra volontà. Gli Stati Uniti hanno accettato questa situazione per non venire accusati di essere colpevoli dell'inizio di una guerra dichiarata. Si è scelto di rimanere nell'ambito della legge, della legalità internazionale e della convivenza. Le sanzioni, così come quello militare, sono strumento e non fine per perseguire una idea, una visione, una strategia politica. Le sanzioni sono funzionali a questi principi e non contrastano con quell'idea di convivenza di cui parlavo in precedenza. Le sanzioni contro chi ha invaso sono anche un modo concreto, democratico, per sostenere coloro che in questa vicenda sono le vittime: il popolo ucraino", conclude Angioni.